Questo deve essere il posto (This Must Be the Place)

 

Un film di Sorrentino presentato al Festival di Cannes 2011

 

Tra i tanti film presentati al Festival di Cannes 2011, da parte della giuria sarebbe occorso un pò di più  buon senso per escludere completamente dai premiati tutti i film degli italiani. Tutti belli, importanti, ben fatti, ma quello di Sorrentino  This Must Be The Place , interpretato da un favoloso Sean Penn, meritava almeno una citazione. Ma si sa come sono i francesi(La Mostra del cinema di Venezia, però li incensa troppo, anche per cose ridicole). In ogni caso, il protagonista, Sean Penn è eccezionale, merita l’amore e l’attenzione di chi ama veramente il cinema  e necessita che ricordiamo assolutamente che l’artista ha interpretato seriamente delle cose egregie, tanto da dire che il suo posto come attore sono esclusivamente le “storie del cuore”.

 

Il film: This Must Be The Place

titolo internazionale: This Must Be the Place

titolo originale: Questo deve essere il posto

paese: Italia

anno: 2011

genere: fiction

regia: Paolo Sorrentino

durata: 118′

sceneggiatura: Umberto Contarello, Paolo Sorrentino

cast: Sean Penn, Eve Hewson, Frances McDormand, Judd Hirsch, Heinz Lieven, Kerry Condon, Olwen Fouere, Simon Delaney

fotografia: Luca Bigazzi

montaggio: Cristiano Travaglioli

scenografia: Stefania Cella

costumi: Karen Patch

musica: David Byrne, Will Oldham

produzione: Indigo Film, Lucky Red, Medusa Film, ARP Sélection, Element Pictures, Pathé Films, Intesa San Paolo

supporto: MEDIA Programme, Irish Film Board, Section 481, Eurimages

distributori: ARP Sélection

rivenditore estero: Pathé International

 

Trama

 

Cheyenne, un facoltoso ex-divo del rock, ormai stanco e svogliato, apprende che il padre, con cui non andava d’accordo, è malato e sul punto di morire. Corre da lui nella speranza di riconciliarsi ma arriva troppo tardi. Solo allora comprende quanto è stata dura la vita di suo padre. Tra i pochi sopravvissuti ad Auschwitz, è stato infatti torturato da un criminale nazista, l’ufficiale delle SS Aloise Muller. Deciso a vendicarlo, e sapendo che l’ex-nazista si nasconde da qualche parte negli Stati Uniti, Cheyenne si mette sulle sue tracce,

 

 

DOMANDE & RISPOSTE A PAOLO SORRENTINO

 

This Must Be The Place sarebbe esistito senza il Festival di Cannes?
Paolo Sorrentino: Mi sono rivelato qui. Il mio incontro con Sean Penn è avvenuto nel 2008, quando ha visto Il divo durante il festival e mi ha fatto sapere che gli sarebbe piaciuto lavorare con me. Da quel momento, mi sono messo a scrivere per lui e non avevo nessun altro in mente per il ruolo di Cheyenne. Sono contento che abbia accettato di interpretare questo personaggio, perché se avesse rifiutato il film non ci sarebbe stato. Non volevo raccontare questa storia senza di lui, quindi sì, il festival di Cannes è all’origine di questo film.

 

Il personaggio di Cheyenne era molto scritto?
Vedevo Cheyenne in un certo modo e Sean Penn ha letto e ascoltato a lungo tutte le mie raccomandazioni, ma quando ha cominciato a dare vita al personaggio, ho assistito a qualcosa di incredibile e sono io che mi sono messo ad ascoltare i suoi aggiustamenti. Alla fine, Cheyenne è stato modellato sulla base della mia visione iniziale del personaggio, ma soprattutto dall’esperienza di Sean Penn, che lo ha fatto evolvere appropriandosene completamente.

 

Perché ha scelto prima l’Irlanda e poi l’America come location per le riprese?
Non vedevo questa storia cominciare in Italia. Semplicemente, la cultura italiana non è passata per l’ondata New Wave che ha segnato il rock degli anni ’80, e poi il ruolo del fascismo nella storia politica italiana rendeva il tema del film più complicato da spiegare. Non volevo lottare per giustificare la plausibilità di questa storia, perché il pubblico deve già avere a che fare con il personaggio di Cheyenne, che sembra venire da un altro pianeta. Poi l’America è venuta naturale da un desiderio che condividevo con il mio amico Umberto Contarello, co-autore della sceneggiatura. Sognavo da tempo di filmare alcuni paesaggi magnifici che avevo visto al cinema. Con il peso di Sean Penn nel cast, è diventato possibile e ne abbiamo tenuto conto in fase di scrittura. Mi sono fatto un favore, ma l’America è talmente un simbolo dell’esodo che i luoghi raccontano da soli una parte della storia. Non è una civetteria da parte mia.

 

E’ un procedimento che ha utilizzato già ne Il divo, ma in This Must Be The Place le scene girate alla Louma, o più in generale da una gru, sono tante. Perché questa scelta?
Il film è un viaggio, ma mi è parso importante anche viaggiare negli spazi che erano a nostra disposizione. E poi mi piace l’idea di grandi movimenti intorno a un soggetto che si muove molto lentamente, come fa Cheyenne nel film. A seconda di dove si posiziona lo sguardo, del cammino che percorre, la percezione del soggetto cambia ed evolve. Il film parla anche di questo cambiamento di prospettiva. Lo sguardo esterno sui personaggi cambia, ma finiscono anche per vedersi in modo diverso.

 

La musica è quasi un personaggio del film. Perché l’ha utilizzata come simbolo nostalgico?
Non è nostalgia, anche se è vero che avevo voglia di parlare un po’ dell’evoluzione del rock. Nel film i temi sono tanti e si sovrappongono. Uno di questi è la paura di crescere. Utilizzare una corrente forte, ma passata, del rock mi ha permesso di creare un divario tra l’evoluzione del mondo intorno a Cheyenne e il suo aspetto immobile, che passa per l’abbigliamento strano, la devozione a un genere musicale, il rifiuto di utilizzare il cellulare, ecc. Il rock è stato la grande stagione di Cheyenne, ma è proprio l’attitudine rock a provocare il suo blocco e il suo scivolamento nella depressione.

 

David Byrne non è solo il compositore del film. Ha un ruolo importante.
Quando si ha la fortuna di poter lavorare con David Byrne, che è un artista completo, sarebbe stato un peccato non coinvolgerlo al massimo. Il titolo del film (This Must Be The Place è il titolo di una canzone dei Talking Heads,, la spiegazione del dramma di Cheyenne e l’universo sonoro del film sono direttamente legati a David, che interpreta anche se stesso. Le sue opere folli hanno ispirato molto i miei film e ci sono diversi punti in comune tra la sua scenografia e la realizzazione di This Must Be The Place, che è anche un modo per rendergli omaggio.

 

 

 

 

 

 

Chi è Sean Penn


Nato  a  Santa Monica, il17 agosto 1960,  è attore, regista, produttore cinematografico e sceneggiatore statunitense. È famoso per le partecipazioni a celebri film tra i quali Carlito’s Way, Dead Man Walking – Condannato a morte, La sottile linea rossa, Mystic River (premio Oscar al miglior attore protagonista nel 2004), 21 grammi e Milk (premio Oscar al miglior attore protagonista nel 2009) e regista, produttore e sceneggiatore del pluripremiato Into the Wild – Nelle terre selvagge.

E’ premiato nel 1998 come miglior attore al Festival di Venezia per Bugie, baci, bambole & bastardi, nello stesso anno è stato tra i protagonisti di La sottile linea rossa di Terrence Malick. Woody Allen l’ha voluto interprete del chitarrista geniale e squinternato di Accordi e disaccordi. Considerevole anche la sua partecipazione nell’enigmatico e affascinante Il mistero dell’acqua di Kathryn Bigelow. Nel 2001 ha ottenuto la nomination all’Oscar quale miglior attore per la sua straordinaria interpretazione di un padre ritardato in Mi chiamo Sam di Jessie Nelson.

Dopo anni difficili, ha saputo costruirsi una seconda carriera di regista molto serio, con film crudi, sinceri, carichi di dolore e fieramente indipendenti (al su citato Lupo solitario, seguono dopo dieci anni Tre giorni per la verità, La promessa, più un episodio in 11 settembre 2001). Nel 2002 dirige il videoclip di Peter Gabriel The Barry Williams Show. La sua straordinaria intensità drammatica ha lasciato un segno indelebile nel 2003. È suo il ruolo dell’ex delinquente, ora buon padre di famiglia, la cui vita viene sconvolta dall’assassinio della figlia in Mystic River, di Clint Eastwood, per la cui interpretazione vince l’Oscar come miglior attore protagonista nel 2004 oltre al Golden Globe; e anche del professore malato terminale in 21 grammi.

Ha girato The Assassination, la storia vera del tentativo (sventato) di Samuel Byck, un modesto negoziante di Cincinnati, di far schiantare un piccolo aereo sulla Casa Bianca allo scopo di uccidere il presidente Nixon. Ha recitato anche con Nicole Kidman in The Interpreter, girato nel Palazzo di Vetro dell’ONU messo a disposizione da Kofi Annan. Nel 2007 dirige l’intensa storia di Christopher McCandless in Into the Wild – Nelle terre selvagge, attualmente il maggior film di successo del regista.

Nel maggio del 2008 è presidente della giuria del Festival di Cannes. Il 22 febbraio 2009 vince il suo secondo Oscar per la performance nel film Milk, dove interpretata Harvey Milk, paladino dei diritti gay assassinato nel 1978. Entra così a far parte della ristretta cerchia (Spencer Tracy, Gary Cooper, Fredric March, Marlon Brando, Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Tom Hanks, Daniel Day-Lewis) degli attori che hanno ottenuto due Oscar per il miglior attore protagonista.

La sua capacità drammatica lo rende unico nell’effimero mondo cinematografico, tanto che difficilmente chi l’ha visto in Mi chiamo Sam, dove interpreta un padre con un grave handicap, lo dimenticherà per la struggente prova d’amore verso la sua bambina che vuole assolutamente crescere lui , anche se la sua intelligenza è pari a quella di un bambino di 7 anni!

 

 

 

 

 

 

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