Il Concilio Ecumenico Vaticano II: contrasti nella storia del concilio

Dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha fatto l’esperienza, nei paesi occidentali, di un profondo declino relativamente alla frequenza alla messa, alla decimazione degli ordini religiosi e alle vocazioni presbiterali, e di una seria crisi dell’autorità della Chiesa istituzionale, in seguito alla reazione alla Humanae Vitae.


Alcuni diedero la colpa di questo all’evidente rapporto del concilio con la modernità, che prima del concilio era stata chiaramente condannata. Un piccolo numero di questo gruppo alla fine promosse uno scisma, guidato dal defunto arcivescovo Lefebvre. Altri ritennero il collasso inevitabile, date le profonde correnti secolarizzatrici nelle culture occidentali. Altri ancora attribuirono il declino ad una mancata applicazione degli insegnamenti del concilio e all’azione dilatoria di “conservatori centralizzanti” che hanno bloccato la Chiesa ad una roccia premoderna, senza più credibilità né responsabilità.


Questo è solo un campione delle posizioni assunte sull’argomento, ma rende ampiamente evidente il fatto che l’interpretazione del Concilio Vaticano II (1963-1965) è ancora profondamente contestata.
I dibattiti sui lavori del concilio sono stati spesso dipinti come dibattiti tra “conservatori” e “liberal”, termini in un certo senso superati con cui sono stati definiti anche gruppi di studiosi impegnati nell’interpretazione del concilio. Agostino Marchetto, giustamente, deplora queste etichette, ma il suo libro può certamente essere letto come una seria critica “conservatrice”, storica e metodologica, di circa 20 anni di cultura “liberal” sul concilio.


Quando il cardinal Ruini presentò il libro dell’arcivescovo Marchetto ad un pranzo ufficiale a Roma, paragonò, come fa Marchetto, la recente storia del concilio scritta da vari autori ed edita da Giuseppe Alberigo, alla famosa storia del Concilio di Trento scritta da Paolo Sarpi. Nessuno disse che Sarpi era stato inserito nell’Indice dei Libri Proibiti – ma lo sapevano.

L’accusa fatta alla Scuola di Bologna, di cui Alberigo era un leader intellettuale, è che gli studiosi coinvolti nello studio della storia hanno letto i documenti e gli eventi vaticani del concilio con un atteggiamento di sistematica prevenzione.


La prevenzioni fondamentali erano: il fatto di non fidarsi soprattutto sui 62 volumi che presentano il modo di procedere dell’ambiente del concilio, e sui documenti stessi del concilio; il fatto di essere decisamente anti-curia; il fatto di sottolineare la novità e la differenza piuttosto che la continuità; il fatto di sminuire l’importanza dei documenti finali di tipo autoritario a favore del fatto di vedere il concilio come “evento” (ci sono diversi significati dati a questo termine, ma fondamentalmente sposta l’attenzione lontano dall’interpretazione testuale dei documenti conciliari, preferendo concentrarsi su diari privati, e teorie letterarie, storiche e sociologiche); il fatto di vedere una profonda separazione tra papa Giovanni XXIII, che aveva una visione positiva, e papa Paolo VI, che sempre più si allontanava dalla visione di papa Giovanni man mano che il concilio procedeva sotto la sua guida. A causa di queste prevenzioni, dichiara Marchetto, questa storia smisurata oscura gli insegnamenti del concilio.


Il libro di Marchetto è importante in quanto sviluppa la critica che papa Benedetto fa a varie interpretazioni del concilio. La maggior parte delle 723 pagine sono occupate nel passare in rassegna sotto vari titoli tematici le pubblicazione tra il 1992 e il 2003 che si occupano del concilio, della sua preparazione, delle sessioni effettive, delle storie alternative del concilio, dell’autorità episcopale e papale (trattate in uno dei precedenti libri di  Marchetto, uno dei suoi temi preferiti), una recensione di diari e fonti alternative e, alla fine, tre saggi che riassumono l’argomento base del libro.
Secondo Marchetto, che cosa costituisce una corretta interpretazione? Innanzitutto, l’accettazione della continuità della dottrina: riforma e cambiamento avvengono solo all’interno di quella continuità dottrinale. Marchetto cita spesso Newman, ma non sviluppa nei dettagli la visione di Newman rispetto allo sviluppo dottrinale. Né c’è discussione su ciò che costituisce una dottrina riformabile o una dottrina irriformabile, su quello che sono opinioni teologiche probabili o certe, talvolta viste come dottrine. In secondo luogo, la lettura dei testi del concilio e dei documenti ufficiali del modo di procedere nell’ambiente del concilio, così come dei commenti ufficiali ai testi, oltre ai documenti ufficiali emanati, come le lettere di papa Paolo durante il concilio. Questi sono i “fatti” che dovrebbero formare la base per la nostra comprensione del concilio, non gli eventi prima, durante e dopo, come costruiti da altre fonti.


Marchetto ha ragione nell’ammonire che abbiamo appena cominciato ad interpretare il concilio, d ato che i 62 volumi editi da Vincenzo Carbone sono stati conclusi solo recentemente. Ma questo ammonimento dovrebbe ugualmente essere applicato alla lettura di Marchetto dei documenti e del c ontesto del concilio, il che richiederebbe maggiore argomentazione di quella che egli talvolta presenta. Parla spesso di giudizi non equilibrati e di espressioni eccessive, presumendo che il lettore condivida questo modo di vedere. Anche se, per essere giusti, recensendo più libri, come scrive spesso Marchetto, si deve spesso rimanere entro limitazioni.


Alla fine, Marchetto indica alcuni segnali positivi di letture alternative rispetto alla tradizione dominante che ha criticato in alcuni punti. Indica Leo Scheffczyk, Annibale Zamberi, Vincenzo Carbone, il lavoro dell’Istituto Paolo VI di Brescia, J.-M. R. Tillard, Massimo Faggioli, Giovanni Turbanti e, in parte, Hermann J. Pottmeyer. Si potrebbero aggiungere i bei saggi editi da Matthew Levering e Matthew Lamb per l’ambito di lingua inglese.


È un libro importante in un dibattito che è appena iniziato. Il futuro della Chiesa cattolica sarà nutrito dal concilio solo se esso sarà correttamente interpretato.



in “The Tablet” del 9 giugno 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

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