Risurrezione


I fatti.

Gesù si ritrova con i Suoi.

Oltre il dramma, la delusione, l’amarezza è la felicità: la corsa al Sepolcro di Pietro e Giovanni, il ritorno concitato dei discepoli da Emmaus, lo stupore dell’ incontro nelle diverse situazioni di vita: in pianto alla tomba, raccolti in preghiera, sul monte  del commiato…

 

Anche più realistica la concreta partecipazione alle consuete esperienze di vita: pace a voi, avete qualcosa da mangiare, avvicinati, tocca il mio costato… E’ Lui, proprio Lui; quello che hanno veduto e toccato per gli anni duri e luminosi della missione.

E se tratta con qualcuno di loro in particolare, è toccante l’intensità dell’incontro.

Giovanni e Luca ne danno la misura.

L’incontro con Maria di Magdala è di una intensità umana incomparabile.

Maria, suona il richiamo affettuoso alle sue spalle;

Rabbunì risponde di slancio appassionato la prima donna che lo vede risorto.

E nessuno sa narrare la felicità di quel momento nella novità di una presenza, che esalta l’attesa di una donna che ama e contemporaneamente sconvolge la vicenda di ogni uomo che dopo di lei è chiamato ad incrociarlo.

Così il ritorno concitato dei due discepoli da Emmaus verso Gerusalemme con in cuore una notizia sconvolgente: E’ risorto; ha cenato con noi!

Come è difficile misurare la forza rinnovatrice del dialogo di Pietro con Gesù sulle sponde del lago di Tiberiade, al momento della Consegna. Dalla consolazione di sentirsi di nuovo interpellato sulla passione che ormai brucia la sua vita: mi ami? All’insistenza garbata da cui affiora l’ombra amara del tradimento, alla consegna che gli restituisce intatta la fiducia del Maestro.

 

Il significato.

Insomma nella risurrezione Cristo ricupera in pienezza la quotidianità dell’esperienza vissuta con i Suoi; anzi la fa vibrare di una intensità singolare.

Rivela finalmente il senso di misteriose allusioni che il discepolo prediletto si è preoccupato di raccoglie e segnalare lungo l’intero arco della sua vita terrena.

Quando sarò elevato attirerò tutti a me.

La morte in croce ha segnato il vertice dell’ascesa umana; il compimento di questo sinuoso e talora atroce percorso che l’uomo va conducendo: a Lui possono guardare tutti coloro che vivono la passione per la propria dignità e realizzazione. Che cercano a tentoni di orientarsi, di cogliere un barlume di verità, che rischiari il proprio cammino: sono venuto per rendere testimonianza alla verità…

La sua risurrezione offre il sigillo della’autenticità a tutta la vicenda terrena: nulla di quanto Gesù ha vissuto va perduto; anzi, tutto assume conferma e splendore.

Nella risurrezione rifulge di nuova e imprevedibile luce  il senso vero dell’esistenza e del travaglio che l’accompagna. Tutti i segni che hanno segnato la vita terrena di Cristo ritornano; erano espressione di una rivelazione iscritta nel tempo, in un certo senso destinati a tramontare con il tempo: il segno della risurrezione si iscrive nell’eternità, supera il tempo e lo redime con una conferma che ha il carattere della definitività.

Dunque la risurrezione porta per eccellenza il suggello della vita, non perché Gesù ritorna alla vita, ma perché imprime nella vita il segno nuovo dell’immortalità.

Nella ridda concitata di incontri che i Vangeli raccontano con sobrietà ed emozione i primi testimoni fanno un’esperienza sconvolgente: sono proiettati nel tempo nell’intronizzazione di Cristo che li ha salvati oltre il tempo.

Cosicché l’esistenza dell’uomo, tutta la sua esistenza, trova il senso che Dio solo è in grado di imprimervi.

 

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