Il fondamento religioso del neoconservatorismo

Il pensiero neoconservatore ha cambiato la politica americana nel corso degli ultimi 50 anni, infondendo sangue fresco nelle vene del Partito repubblicano specialmente a partire dall’amministrazione Reagan. Un volume pubblicato di recente negli Stati Uniti raccoglie 50 saggi editi e inediti del fondatore e padre intellettuale del neoconservativismo, Irving Kristol: The Neoconservative Persuasion. Selected Essays, 1942-2009 (Basic Books, 2011, 390 pp.). Curato dalla vedova di Kristol, la storica Gertrude Himmelfarb, e prefato dal figlio, William Kristol, il libro è molto più di un affare di famiglia, considerando l’impronta che ha lasciato non solo sulla politica americana, ma anche sulla percezione dell’America nel mondo, la scuola neocon (diventata col tempo molto di più di una “persuasione”, analgesica caratterizzazione datane da Kristol).
Una delle più celebri definizioni di “neoconservatore”, che si deve allo stesso Irving Kristol, recita: «Un neoconservatore è un liberal che è stato assalito dalla realtà» (a liberal who has been mugged by reality). Il libro aiuta a comprendere meglio la “persuasione neoconservatrice” al di là della battuta, e fornisce alcuni importanti elementi per comprendere quella equazione, specialmente rispetto ai termini “liberal” e “realtà”.
Circa il termine “realtà”, una delle accuse tipiche rivolte alla mentalità neocon è quella di trasformismo ideologico: mai veramente affrancatasi da un atteggiamento eversivo, è una mentalità che scaturisce da una visione della realtà sociale e politica da rivoluzionare, non da riformare. Il primo saggio del volume è del 1942 e reca tutti i segni del trotskismo del giovane Kristol – trotskista tanto da portare un nom de guerre, come era tipico dei trotskisti dell’epoca. Al collasso
del capitalismo dopo il 1929, il giovane Kristol aveva reagito con il rigetto del conservatorismo, in un paese in cui non c’era molto da conservare. Ma il giovane Kristol era andato molto oltre, tanto da condannare la guerra difensiva contro il Giappone come «una crociata reazionaria »: potenza dell’ideologia, di cui i neocon avrebbero dato prova (in direzione contraria) nei decenni a venire.
Per comprendere il secondo termine dell’equazione, “liberal”, si deve arrivare alla vera svolta culturale, alla fine degli anni Sessanta, quando la scuola neoconservatrice nasce in reazione alla “controcultura”, diventando in sostanza una “anti-controcultura”.
È in questo periodo che i dogmi neoconservatori nascono dal punto di vista filosofico e culturale, cristallizzati col tempo e definiti da Kristol nella conclusione ad un saggio degli anni Ottanta: Jane Austen è meglio di Proust e Joyce, Raffaello meglio di Picasso, Aristotele meglio di Marx, Tocqueville meglio di Max Weber, e via classicizzando (p. 130).
Ben lungi dall’essere un pensatore sistematico, Kristol era meglio noto come attivo organizzatore, polemista e fondatore di riviste (alcune delle quali dalla vita brevissima). Ma l’orma lasciata dalla sua vis polemica non si lascia cancellare facilmente dall’America contemporanea, che dai tempi della teorizzazione del neoconservatorismo ad oggi è diventata molto più polarizzata attorno alla percezione dei due fattori “realtà” e “liberalismo”.
Per quanto refrattario alla teorizzazione politica, un’interessante lista di dogmi politici arriva da Kristol nel 2003, cioè molto dopo l’infusione della linfa neocon nelle sorgenti del Partito repubblicano di Reagan e Bush, in un saggio  intitolato “The Neoconservative Persuasion”: aspirazione alla crescita economica, moderata accettazione dello Stato moderno ereditato da Franklin Delano Roosevelt, sano terrore del declino morale e culturale dell’America, nessuna
particolare dottrina in politica estera, tranne una ferma convinzione della necessità che la potenza americana giochi un ruolo sullo scacchiere mondiale. A giudicare dall’influsso della scuola neocon sulla politica americana e sul Partito repubblicano, questa definizione appare troppo modesta e autoassolutoria, se si pescano alcune “perle” ben più radicali del moderatismo del 2003. In un saggio del 1986-1987 sulla “agenda nascosta dei diritti umani” Kristol accusava gli attivisti di criptocomunismo, agenti dedicatisi ad indebolire l’America. In un saggio del 1997 accusava la
scuola socialdemocratica di aver fondato un’idea di Stato e di welfare state basato su una concezione ingenuamente ottimista della persona umana, il che aveva condotto «alla più triste delle tragedie politiche del nostro tragico secolo» (p.98).
Ci sono alcune intuizioni che fanno di Kristol un acuto interprete dell’anima americana. Nel 1996 Kristol notava la differenza tra il conservativismo europeo e quello americano, che si distingue per essere un patriottismo su base religiosa, tipica di un paese come gli Stati Uniti, «una nazione basata su un credo» (p. 182). Due anni prima, in piena era Clinton, Kristol notava la potenza del sentimento religioso in America, per il cui revival «i conservatori e il Partito repubblicano non sono ancora preparati, mentre il Partito democratico è quasi totalmente disinteressato» (p. 295). È questo uno dei motivi di interesse del libro per un lettore europeo, vale a dire la comprensione del successo culturale del movimento neocon in America: mentre il conservativismo europeo può funzionare senza Dio, il  neoconservativismo americano ha bisogno di un fondamento religioso.
In questo sta la differenza non solo tra il conservativismo dei due continenti, ma tra i due continenti in generale: una lezione buona per quanti vogliono comprendere l’America, ma anche per quanti vorrebbero importare facilmente dall’America soluzioni politiche e matrici ideologiche. A meno di non volersi liberare di quel welfare state che nel 1997 Kristol aveva giudicato frutto di una profonda crisi morale (prima che finanziaria), tanto da accusarlo di aver distrutto «l’istituzione sociale più fondamentale, la famiglia».

La resistibile ascesa neoconservatrice
di Massimo Faggioli
in “Europa” del 9 marzo 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

Irving Kristol: The Neoconservative Persuasion. Selected Essays, 1942-2009