Viaggio all’origine dell’Universo

Nel superacceleratore Lhc del Cern di Ginevra sono riusciti a riprodurre le condizione dell’Universo quando aveva appena 10 milionesimi di secondo; cioè un battito di ciglia dopo il Big Bang, il grande scoppio iniziale da cui tutto ha avuto origine.
«È un autentico record mondiale», spiega Paolo Giubellino, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare alla guida dell’esperimento Alice, «perché mai prima d’ora si erano realizzate condizioni simili».
Si tratta di un plasma formato da gluoni e quark, costituenti di protoni ed elettroni, e l’hanno ottenuto scontrando fra loro 208 nuclei di piombo riuniti in due fasci che correvano l’uno contro l’altro ciascuno con un’energia di 2,75 Tev.
Nell’impatto i nuclei si sono schiantati così violentemente da sbriciolarsi nei loro componenti di base, quark ed elettroni appunto, creando il plasma osservato registrando una temperatura centomila volte superiore a quella esistente nel cuore del nostro Sole.
Questo passaggio i fisici lo chiamano «transizione di fase»; un processo analogo a quello che possiamo realizzare anche noi quando mettiamo l’acqua nel freezer per formare i cubetti ghiaccio.
L’ESPERIMENTO – «In passato si era prodotto qualcosa di simile nei laboratori americani di Brookhaven», precisa Giubellino, «ma l’energia da noi raggiunta è stata 14 volte superiore la loro e ciò è determinante perché consente di riprodurre e di conseguenza vedere più in dettaglio quel mondo primordiale che vogliamo indagare per comprendere le fasi iniziali della nascita del cosmo».
Le prime immagini dovrebbero essere diffuse lunedì assieme ai comunicati ufficiali dopo una seconda notte di test compiuti in modo più completo con tutti i rilevatori in funzione.
E si continuerà così per altre quattro settimane raccogliendo dati che saranno analizzati approfonditamente nei mesi prossimi.
Ma intanto il risultato è stato conquistato ed è quello che volevano gli scienziati impegnati con Alice, che è uno dei quattro esperimenti installati nell’anello sotterraneo di 27 chilometri a cavallo del confine franco-svizzero e che forma l’acceleratore Lhc.
Anche gli altri due esperimenti Atlas e Cms hanno ricavato le stesse informazioni, ma per loro l’obiettivo è diverso dovendo arrivare alla stessa meta scontrando fra loro solo protoni.
E poi giungere all’identificazione del bosone di Higgs, vale a dire la famosa «particella di Dio».
<a href=”http://oas.rcsadv.it/5c/corriere.it/scienze/L19/1142319844/Bottom1/RCS/CONSUME15_COR_ALL_RCT_081110/CONSUME15_COR_ALL_RCT_081110.html/57574878776b734367486f4144443873?http://clk.atdmt.com/MII/go/271700617/direct/01/1142319844″ target=”_blank”><img border=”0″ src=”http://view.atdmt.com/MII/view/271700617/direct/01/1142319844″ /></a> OBIETTIVO – «Il nostro obiettivo, invece», nota Paolo Giubellino, «è un altro.
Alice è stato concepito e costruito proprio per riprodurre e studiare le proprietà della materia nello stato in cui si trovata immediatamente dopo il big bang».
Al Cern si lavora a ritmi sostenuti prima di doverlo spegnere per interventi di sistemazione.
«Ma gli ultimi passi compiuti già ci proiettano», sottolinea Sergio Bertolucci, direttore delle ricerche al centro ginevrino, «in una eccitante nuova frontiera».

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