Omelie

Quella che segue è la prefazione al volume – edito in Italia da Libri Scheiwiller e in vendita da poche settimane – che raccoglie le omelie di Benedetto XVI nell’anno liturgico appena trascorso, l’anno C del lezionario romano.
Terzo della serie, il volume accompagna ogni omelia di papa Joseph Ratzinger con le letture bibliche della messa del giorno, come pure con i salmi e le antifone dei vespri da lui celebrati.
Nell’esortazione apostolica postsinodale “Verbum Domini” sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa, pubblicata lo scorso 30 settembre, un paragrafo, il 59, è dedicato proprio alla cura dell’omelia, che in effetti è il principale, se non l’unico, atto di comunicazione della buona novella cristiana ascoltato da centinaia di milioni di battezzati ogni domenica nel mondo.
Nell’arte dell’omelia, indubitabilmente, Benedetto XVI è uno straordinario modello.
__________ “COME PAPA LEONE MAGNO, ANCHE PAPA BENEDETTO PASSERÀ ALLA STORIA PER LE SUE OMELIE” di Sandro Magister Sono tre le annualità che scandiscono il messale romano domenicale e festivo, con al centro di ciascuna i Vangeli di Matteo, di Marco e di Luca.
Nel pubblicare anno dopo anno le omelie di Benedetto XVI, Libri Scheiwiller si è attenuto a questa sequenza.
Con questo terzo volume della serie si chiude il triennio.
Esso raccoglie le omelie papali dell’anno liturgico lucano, che è iniziato con la prima domenica di Avvento del 2009 e si è disteso sull’arco del 2010.
Le omelie della messa e dei vespri sono un asse portante di questo pontificato, ancora non da tutti capito.
Joseph Ratzinger le scrive in buona parte di suo pugno, alcune le pronuncia a braccio con l’immediatezza della lingua parlata.
Ma sempre le pensa e prepara con estrema cura, perché per lui hanno una valenza unica, distinta da tutte le altre sue parole scritte o pronunciate.
Le omelie, infatti, sono parte dell’azione liturgica, anzi, sono esse stesse liturgia, quella “liturgia cosmica” che egli ha definito “meta ultima” della  sua missione apostolica, “quando il mondo nel suo insieme sarà diventato liturgia di Dio, adorazione, e allora sarà sano e salvo”.
C’è molto Agostino in questa visione di Ratzinger, c’è la città di Dio in cielo e sulla terra, ci sono il tempo e l’eterno.
Nella messa il papa vede “l’immagine e l’ombra delle realtà celesti” (Ebrei 8, 5).
Le sue omelie hanno il compito di sollevare il velo.
E in effetti, a rileggerle, esse schiudono una visione del mondo e della storia colma di nuovi significati, che sono poi il cuore della buona novella cristiana, perché “se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto”.
L’Avvento è “presenza”, “arrivo”, “venuta”, ha detto il papa nell’omelia inaugurale di questo anno liturgico.
“Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli”, e quindi il tempo diventa “kairós”, occasione unica, favorevole, di salvezza eterna, e la creazione intera cambia volto “se dietro di essa c’è lui e non la nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro”.
Ma il tempo della “civitas Dei” non è informe.
Ha un ritmo che gli è dato dal mistero cristiano che lo riempie.
Ogni messa, ogni omelia cade in un tempo preciso, la cui scansione fondamentale procede di domenica in domenica.
Il “giorno del Signore” ha come protagonista colui che è risorto il primo giorno dopo il sabato, divenuto figura dell'”octava dies” della vita eterna.
La presenza del Risorto nel pane e nel vino consacrati è reale, realissima, predica incessantemente il papa.
Per vederlo e incontrarlo basta che gli occhi della fede si aprano, come ai discepoli di Emmaus, che riconobbero Gesù proprio nel sacramento dell’eucaristia, “allo spezzare del pane”.
“L’anno liturgico è un grande cammino di fede”, ha ricordato il papa prima di un Angelus, in una di quelle sue brevi meditazioni domenicali costruite come piccole omelie sul Vangelo del giorno.
È come camminare sulla strada di Emmaus, in compagnia del Risorto che accende i cuori spiegando le Scritture.
Da Mosè ai profeti a Gesù, le Scritture sono storia, e con esse il camminare si fa storia e l’anno liturgico la ripercorre tutta, attorno alla Pasqua che gli fa da asse.
Avvento, Natale, Epifania, Quaresima, Pasqua, Ascensione, Pentecoste.
Fino alla seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi.
Ciò che fa della liturgia cristiana un “unicum”, e il papa non smette di predicarlo, è che la sua narrazione non è solo memoria.
È realtà viva e presente.
In ogni messa accade quello che Gesù annunciò nella sinagoga di Nazaret dopo aver riavvolto il rotolo del profeta Isaia: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Luca 4, 21).
Nelle omelie, papa Benedetto svela anche cos’è la Chiesa.
Lo fa in obbedienza alla più antica professione di fede: “Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati”.
La “comunione dei santi” è primariamente quella dei santi doni, è quel santo dono salvifico dato da Dio nell’eucaristia, accogliendo il quale la Chiesa è generata e cresce, in unità su tutta la terra e con i santi e gli angeli del cielo.
La “remissione dei peccati” sono il battesimo e l’altro sacramento del perdono, la penitenza.
Se questo professa il “Credo”, allora davvero la Chiesa non è fatta dalla sua gerarchia, non dalla sua organizzazione, tanto meno è uno spontaneo associarsi di uomini solidali, ma è puro dono di Dio, creatura del suo Santo Spirito, che genera il suo popolo nella storia, con la liturgia e i sacramenti.  C’è un’immagine che torna di frequente nelle omelie del papa: “Uno dei soldati con la lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (Giovanni 19, 34).
Ecco di nuovo il sangue e l’acqua, l’eucaristia e il battesimo, la Chiesa che nasce dal fianco trafitto del Crocifisso, nuova Eva dal nuovo Adamo.
Il ricorso alle immagini è un altro dei distintivi delle omelie di Benedetto XVI.
Nella cattedrale di Westminster, il 18 settembre 2010, fece alzare lo sguardo di tutti al grande Crocifisso che domina la navata, al Cristo “schiacciato dalla sofferenza, sopraffatto dal dolore, vittima innocente la cui morte ci ha riconciliati con il Padre e ci ha donato di partecipare alla vita stessa di Dio”.
Dal suo sangue prezioso, dall’eucaristia, la Chiesa attinge la vita.
Ma il papa aggiunse anche, citando Pascal: “Nella vita della Chiesa, nelle sue prove e tribolazioni, Cristo continua a essere in agonia fino alla fine del mondo”.
Nella predicazione liturgica di Benedetto XVI le immagini bibliche e quelle dell’arte hanno una costante funzione mistagogica, di guida al mistero.
Lo stupore dell’invisibile intravisto nel visibile artistico rimanda all’ancor più grande meraviglia del Risorto presente nel pane e nel vino, principio della trasformazione del mondo, affinché anche la città degli uomini “diventi un mondo di risurrezione”, una città di Dio.
La maggior parte delle omelie raccolte in questo volume sono state pronunciate dal papa durante la messa, dopo la proclamazione del Vangelo.
Ma ve ne sono anche alcune pronunciate nei vespri, prima del canto del “Magnificat”.
I luoghi sono i più vari, in Italia e all’estero, in villaggi e metropoli: Roma, naturalmente, ma anche Castel Gandolfo, Malta, Torino, Fatima, Porto, Nicosia, Sulmona, Carpineto, Glasgow, Londra, Birmingham, Palermo.
Particolare il caso dell’omelia della IV domenica di Quaresima, pronunciata dal papa durante un servizio liturgico ecumenico, nella chiesa luterana di Roma.
In appendice, come già nelle due precedenti raccolte, sono riportati anche alcuni di quei piccoli gioielli di omiletica minore, sulle letture della messa del giorno, che Benedetto XVI offre ai fedeli e al mondo la domenica mezzogiorno prima dell’Angelus oppure, nel tempo pasquale, prima del Regina Cæli.
Tra le maggiori e le minori, le omelie qui raccolte arrivano così all’ottantina, coprendo quasi l’intero arco dell’anno liturgico: una prova in più della cura che papa Benedetto dedica a questo suo ministero.
Il cardinale Angelo Bagnasco ne ha riconosciuto la grandezza e l’ha eletta a modello per tutti i pastori della Chiesa, quando ai vescovi del consiglio permanente della conferenza episcopale italiana, il 21 gennaio 2010, ha detto: “Non temiamo di dirci ammirati di questa sua arte, e non ci stanchiamo di indicarla a noi stessi e ai nostri sacerdoti come una scuola di predicazione alta e straordinaria”.
Come papa Leone Magno, anche papa Benedetto passerà alla storia per le sue omelie.
Benedetto XVI, “Omelie di Joseph Ratzinger, papa.
Anno liturgico 2010”, a cura di Sandro Magister, Libri Scheiwiller, Milano, 2010, pp.
420, euro 18,00.
Nella predicazione liturgica di Benedetto XVI le immagini bibliche e quelle dell’arte hanno una costante funzione mistagogica, di guida al mistero.
Lo stupore dell’invisibile intravisto nel visibile artistico rimanda all’ancor più grande meraviglia del Risorto presente nel pane e nel vino, principio della trasformazione del mondo, affinché anche la città degli uomini “diventi un mondo di risurrezione”, una città di Dio.
La maggior parte delle omelie raccolte in questo volume sono state pronunciate dal papa durante la messa, dopo la proclamazione del Vangelo.
Ma ve ne sono anche alcune pronunciate nei vespri, prima del canto del Magnificat.
I luoghi sono i più vari, in Italia e all’estero, in villaggi e metropoli: Roma, naturalmente, ma anche Castel Gandolfo, Malta, Torino, Fatima, Porto, Nicosia, Sulmona, Carpineto, Glasgow, Londra, Birmingham, Palermo.
In appendice, come già nelle due precedenti raccolte, sono riportati anche alcuni di quei piccoli gioielli di omiletica minore, sulle letture della messa del giorno, che Benedetto XVI offre ai fedeli e al mondo la domenica mezzogiorno prima dell’Angelus oppure, nel tempo pasquale, prima del Regina Caeli.

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