Cardinale Philippe Barbarin, vescovo di Lione: “Questo choc è destabilizzante, ma sarà proficuo”

L’intervista Come vive l’accumularsi, da qualche settimana, di rivelazioni su casi di preti pedofili? Come un ascesso che bisognava far scoppiare.
È una buona cosa che tutto ciò possa alla fine venire a galla, perché per le vittime si tratta di una ferita gravissima.
Finalmente riescono ad esprimere quella sofferenza, ad uscire dalla prigione interiore nella quale erano rinchiuse.
È un primo passo verso la libertà.
Anche per la Chiesa era necessario far scoppiare l’ascesso, e altri ambiti della società avviano decisamente lo stesso percorso.
Se questo potesse permettere di mostrare la verità sul disastro della pedofilia, sarebbe una buona cosa per tutti.
Questo fenomeno è intollerabile e le sue conseguenze sono molto più profonde e durature di quanto si immaginava.
È terribile pensare che le vittime abbiano tenuto così a lungo questo dramma nel cuore.
Se le cose fossero state dette prima, quelle persone avrebbero potuto costruire una vita coniugale, affettiva e familiare tranquilla ed equilibrata.
Quanto ai colpevoli, è bene anche per loro che le cose vengano alla luce.
Guardi che cosa è successo ad uno degli ultimi preti accusati: la sua reazione, dopo aver riconosciuto i fatti, è stata di dire quanto tale ammissione fosse stata per lui un sollievo.
Lo stesso per il vescovo di Bruges.
Il peso della colpa diventava insopportabile e minava tutta la loro vita.
  Lei ha la sensazione che la Chiesa sia perseguitata dai media, in questa faccenda? No, credo piuttosto che sia umiliata sotto lo choc.
Le persone sono veramente scandalizzate quando i pedofili sono dei preti, e hanno ragione! Tali atti sono sempre ripugnanti, che siano commessi in famiglia, a scuola o nell’ambiente dello sport…, ma lo sono doppiamente quando i colpevoli sono dei preti, la cui missione è di annunciare Cristo e la gioia del Vangelo.
Certo, per il peccatore ci sarà sempre una porta di misericordia, ma prete e pedofilo sono due parole incompatibili.
  La Chiesa è “umiliata”, lei dice.
È una grave crisi? Ripensi alla frase usata da Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici irlandesi: parla di quei casi di pedofilia che “hanno oscurato la luce del Vangelo ad un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”.
È eloquente…
ed effettivamente, è spaventoso; eppure ce ne sono stati, di tradimenti e di contro-testimonianze, nella Chiesa, in venti secoli di storia! Ma si percepisce quanto il papa sia colpito, vive questi avvenimenti come una prova terribile.
A Lione, parlando durante un consiglio episcopale, uno di noi faceva notare che è peggio della serie di crisi che si sono succedute lo scorso anno, dove comunque eravamo già notevolmente sconvolti.
Perché? Perché, questa volta, viene introdotto un sospetto profondo sulla totalità del corpo sacerdotale: i genitori pensano ai loro figli, evidentemente, e certi hanno perso la fiducia nella Chiesa.
Eppure, constato che ciò non cambia niente sul territorio: quando vado in visita pastorale, le persone mi dicono quanto amino il loro parroco, come siano contenti di ricevere il vescovo, perché la Chiesa è veramente per loro una famiglia.
  Lei ricorda di aver già conosciuto personalmente dei periodi così bui per la Chiesa? Nella mia storia, mi sembra che la crisi degli anni ’70, in cui un numero notevole di preti se ne sono andati, è stata anch’essa molto dolorosa.
Non si osa ancora parlarne, perché si tratta di una ferita profonda.
In Francia c’erano circa 40 000 preti e, in dieci anni, tra gli 8000 e i 10000 hanno lasciato il ministero.
Un salasso incredibile! Io sono stato ordinato prete in quel periodo e avevo la sensazione che certi mi guardassero chiedendosi: “E quello lì, resisterà o no?”   Che cosa dice ai preti che incontra oggi, su questi temi? Dobbiamo ritrovare una parola di verità nella fraternità dei preti e con i seminaristi.
Chi può vantarsi di avere una sessualità perfetta? Come il denaro e il potere, anche la sessualità è un luogo di vita fondamentale, ma anche un campo fragile e spesso incasinato.
Ora, la perversione della pedofilia risveglia tutto ciò che non è chiaro in noi.
E, improvvisamente, abbiamo paura.
Penso che si debba parlare con semplicità e in verità.
Sta a noi considerare in maniera nuova, alla luce del Vangelo, il rapporto con il nostro corpo e con il corpo degli altri, e di darci dei punti di riferimento concreti.
Quando si vive un grosso choc, tutti i problemi di fondo vengono a galla; è una cosa destabilizzante, ma sarà proficua.
Per noi preti, che collaboriamo e viviamo in una grande prossimità con uomini, donne e giovani, è essenziale essere realisti sul coinvolgimento affettivo di tutti questi contatti.
Siamo lucidi sui tumulti della nostra sessualità, e prudenti con noi stessi? Ritrovare le parole per parlare “del coraggio della castità” – è il titolo di un libro recente – , è un bel cantiere di riflessione e di preghiera.
  Non pensa che i preti siano troppo soli? Il Vangelo chiama alla solitudine.
Ma questo non ha nulla a che vedere con l’isolamento, le cui conseguenze sono spesso nefaste.
Attenzione a non confondere le cose.
Sì, bisogna proporre ai preti di vivere in gruppi di fraternità per combattere l’isolamento.
Ma quando si parla di pedofilia, si sa purtroppo che i colpevoli vivono sia soli che con altri, ad esempio in famiglia.
Coloro che stavano con loro ogni giorno non sospettavano quello che vivevano né i crimini che commettevano.
Il vero perverso inganna le persone del suo ambiente…
Se si vede quello che è successo con padre Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo, è inimmaginabile! Come hanno potuto le persone a lui vicine essere ingannate a quel punto e non vedere niente? Eppure, è così; era venerato come “un santo padre fondatore”!   Come possiamo comprendere il silenzio di cui spesso si è resa colpevole la Chiesa per questi casi di preti pedofili? Non pensa che tutta la società si trovava in questa situazione? I vari corpi sociali hanno reagito in maniera diversa su queste faccende? Oggi, tutti si svegliano, ma solo qualche decennio fa, non si aveva idea del disastro che questo provocava per le vittime.
Sono ferite fin dall’infanzia e per tutta una vita; è la radice profonda del loro essere che è stata colpita.
Tutto ciò veniva coperto con un gran velo di silenzio, accontentandosi di fare degli spostamenti di qui o di là.
Nella Chiesa francese, questo tabù è caduto dieci anni fa, quando la Conferenza episcopale ha affrontato il problema a Lourdes, nel novembre del 2000.
È là che ho capito che non era un peccato come gli altri, che questi atti lasciavano poi un disgusto di se stessi, una ferita incredibilmente intima e duratura.
  In questa occasione è stato nuovamente posto il problema del celibato dei preti.
Non bisogna collegare celibato e pedofilia.
Trovo indecenti che certi si servano di certi drammi per rimettere di nuovo in discussione il celibato dei preti.
Tutti sanno che l’immensa maggioranza dei casi di pedofilia avviene all’interno delle famiglie.
È molto doloroso, ma non per questo si sopprimeranno il matrimonio e la famiglia! Quanto al celibato – e il cardinal Bertone lo ha ridetto alcuni giorni fa a Barcellona – il problema può essere posto.
Del resto lo è stato, fin dal primo Sinodo presieduto da Benedetto XVI, nel 2005.
Se la Chiesa riterrà opportuno cambiare la disciplina attuale, non sarà per la pressione sociale o mediatica.

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