Benedetto XVI ai diplomatici

Come ad ogni inizio d’anno, papa Benedetto XVI ha rivolto stamane al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede il suo discorso sullo stato del mondo.
Il discorso ha lo stile e le prudenze della diplomazia vaticana.
Non vi si fa parola, ad esempio, né della Cina né dell’India, le due superpotenze emergenti, dove la Chiesa cattolica è per motivi diversi schiacciata e aggredita.
Ciò non toglie, però, che il discorso trasmetta dei messaggi volutamente alternativi a quelli correnti.
In particolare tre.
1.
ECOLOGIA DELLA NATURA, MA SOPRATTUTTO DELL’UOMO Il primo messaggio coincide con quello già lanciato da Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace, celebrata a Capodanno: “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato”.
Con una sottolineatura decisiva e controcorrente: il primato dato alla salvaguardia integrale dell’uomo.
Ecco tre passaggi del discorso che svolgono questo tema: “Vent’anni fa, quando cadde il Muro di Berlino e quando crollarono i regimi materialisti ed atei che avevano dominato lungo diversi decenni una parte di questo continente, si è potuta avere la misura delle profonde ferite che un sistema economico privo di riferimenti fondati sulla verità dell’uomo aveva inferto, non solo alla dignità e alla libertà delle persone e dei popoli, ma anche alla natura, con l’inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria.
La negazione di Dio sfigura la libertà della persona umana, ma devasta anche la creazione! Ne consegue che la salvaguardia del creato non risponde in primo luogo ad un’esigenza estetica, ma anzitutto a un’esigenza morale, perché la natura esprime un disegno di amore e di verità che ci precede e che viene da Dio”.
[…] “Se si vuole edificare una vera pace, come sarebbe possibile separare, o addirittura contrapporre la salvaguardia dell’ambiente a quella della vita umana, compresa la vita prima della nascita? È nel rispetto che la persona umana nutre per se stessa che si manifesta il suo senso di responsabilità verso il creato”.
[…] “Le creature sono differenti le une dalle altre e possono essere protette, o al contrario messe in pericolo, in modi diversi, come ci mostra l’esperienza quotidiana.
Uno di tali attacchi proviene da leggi o progetti, che, in nome della lotta contro la discriminazione, colpiscono il fondamento biologico della differenza fra i sessi.
Mi riferisco, per esempio, ad alcuni paesi europei o del continente americano.
‘Se togli la libertà, togli la dignità’, come disse san Colombano.
Tuttavia, la libertà non può essere assoluta, perché l’uomo non è Dio, ma immagine di Dio, sua creatura.
Per l’uomo, il cammino da seguire non può quindi essere l’arbitrio, o il desiderio, ma deve consistere, piuttosto, nel corrispondere alla struttura voluta dal Creatore”.
2.
LAICITÀ POSITIVA Un secondo messaggio controcorrente è rivolto principalmente all’Europa e all’Occidente.
Rivendica il ruolo pubblico della Chiesa.
Ecco in che senso: “Le radici della situazione che è sotto gli occhi di tutti sono di ordine morale e la questione deve essere affrontata nel quadro di un grande sforzo educativo, per promuovere un effettivo cambiamento di mentalità ed instaurare nuovi stili di vita.
Di ciò può e vuole essere partecipe la comunità dei credenti, ma perché ciò sia possibile, bisogna che se ne riconosca il ruolo pubblico.
Purtroppo, in alcuni paesi, soprattutto occidentali, si diffondono, negli ambienti politici e culturali, come pure nei mezzi di comunicazione, un sentimento di scarsa considerazione, e, talvolta, di ostilità, per non dire di disprezzo verso la religione, in particolare quella cristiana.
È chiaro che, se il relativismo è concepito come un elemento costitutivo essenziale della democrazia, si rischia di concepire la laicità unicamente in termini di esclusione o, meglio, di rifiuto dell’importanza sociale del fatto religioso.
Un tale approccio crea tuttavia scontro e divisione, ferisce la pace, inquina la ‘ecologia umana’ e, rifiutando, per principio, le attitudini diverse dalla propria, si trasforma in una strada senza uscita.
“Urge, pertanto, definire una laicità positiva, aperta, che, fondata su una giusta autonomia tra l’ordine temporale e quello spirituale, favorisca una sana collaborazione e un senso di responsabilità condivisa.
In questa prospettiva, io penso all’Europa, che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha iniziato una nuova fase del suo processo di integrazione, che la Santa Sede continuerà a seguire con rispetto e con benevola attenzione.
Nel rilevare con soddisfazione che il Trattato prevede che l’Unione Europea mantenga con le Chiese un dialogo ‘aperto, trasparente e regolare’ (art.
17), auspico che, nella costruzione del proprio avvenire, l’Europa sappia sempre attingere alle fonti della propria identità cristiana”.
3.
LIBERTÀ DI RELIGIONE Infine, un terzo messaggio è di rivendicazione della libertà di religione e di denuncia delle situazioni nelle quali tale libertà è conculcata.
Benedetto XVI cita alcuni casi che vedono come vittime i cristiani: Iraq, Pakistan, Egitto, Medio Oriente.
Dell’islam non fa parola, ma in tutti i casi citati gli aggressori sono musulmani: “Per amore del dialogo e della pace, che salvaguardano la creazione, esorto i governanti e i cittadini dell’Iraq ad oltrepassare le divisione, la tentazione della violenza e l’intolleranza, per costruire insieme l’avvenire del loro paese.
Anche le comunità cristiane vogliono dare il loro contributo, ma perché ciò sia possibile, bisogna che sia loro assicurato rispetto, sicurezza e libertà.
Anche il Pakistan è stato duramente colpito dalla violenza in questi ultimi mesi e alcuni episodi hanno preso di mira direttamente la minoranza cristiana.
Domando che si compia ogni sforzo affinché tali aggressioni non si ripetano e i cristiani possano sentirsi pienamente integrati nella vita del loro paese.
Trattando delle violenze contro i cristiani, non posso non menzionare, peraltro, i deplorevoli attentati di cui sono state vittime le Comunità copte egiziane in questi ultimi giorni, proprio quando stavano celebrando il Natale.
[…] “Le gravi violenze che ho appena evocato, unite ai flagelli della povertà e della fame, come pure alle catastrofi naturali ed al degrado ambientale, contribuiscono ad ingrossare le fila di quanti abbandonano la propria terra.
Di fronte a tale esodo, invito le autorità civili, che vi sono coinvolte a diverso titolo, ad agire con giustizia, solidarietà e lungimiranza.
In particolare, vorrei menzionare i cristiani in Medio Oriente: colpiti in varie maniere, fin nell’esercizio della loro libertà religiosa, essi lasciano la terra dei loro padri in cui si è sviluppata la Chiesa dei primi secoli.
È per offrire loro un sostegno e per far loro sentire la vicinanza dei fratelli nella fede che ho convocato, per l’autunno prossimo, l’assemblea speciale del sinodo dei vescovi sul Medio Oriente”.
* Come negli anni passati, anche questa volta il testo del discorso è stato preparato negli uffici della segreteria di Stato.
Ma anche questa volta Benedetto XVI non ha mancato di lasciarvi la sua impronta.
La “firma” personale di Joseph Ratzinger è nelle righe d’inizio, nelle quali egli ha immediatamente offerto ai diplomatici presenti, molti dei quali estranei alla fede cristiana, la contemplazione della nascita del Verbo incarnato, annunciata dagli angeli ai pastori.
E ha citato il prefazio della seconda messa di Natale: “Nel mistero adorabile del Natale, Egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, e generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta”.
Sandro Magister www.chiesa,it Per leggere il testo integrale del discorso del papa al corpo diplomatico: > “È per me motivo di grande gioia…”

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