“La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”

“Ogni contatto della Chiesa con Internet, come con qualsiasi altro strumento di comunicazione di ultima generazione, deve essere teologicamente informato.
Non siamo lì a vendere un messaggio qualunque ma ad annunciare, spiegare, approfondire la Parola di Cristo, che può ancora toccare i cuori di tutti e che ci invita continuamente a un cammino comune di fede e di servizio”.
Lo ha detto monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, intervenuto questa mattina alla riunione della Commissione episcopale europea per i media (Ceem) che si sta svolgendo in Vaticano.
Monsignor Tighe ha sottolineato l’importanza per qualsiasi persona anche di Chiesa di capire a fondo le capacità, ma anche i potenziali rischi delle nuove tecnologie prima di affidare ad esse il proprio messaggio.
“La sfida per noi uomini di Chiesa – ha spiegato il segretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali – è di pensare come possiamo essere presenti in questo mondo in maniera utile e intelligente.
Non è solo un problema tecnologico.
Occorre trovare una strategia, il linguaggio giusto per esprimere i contenuti del nostro ministero, della nostra missione, un linguaggio che non sia solo testuale ma anche visuale, che attragga il visitatore anche con le immagini”.
Tighe ha detto che la sfida più grande da vincere, oggi, è quella al relativismo, atteggiamento di pensiero che rischia di trovare sul web ampio sviluppo:  “Per vincere la sfida è fondamentale dare informazioni vere, corrette, inconfutabili, fornire risposte concrete alle domande più urgenti.
Anche nel mondo dell’interattività – ha ribadito – il relativismo si batte con la certezza, con la verità”.
L’assemblea plenaria della Ceem, che ha come tema “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”, aveva questa mattina in programma una tavola rotonda dal titolo “Chi fa la comunicazione oggi? Tra social network, social agent, social news e social encyclopaedia”.
Sono intervenuti Christian Hernandez Gallardo, di Facebook, Christophe Muller, direttore delle società di YouTube in sud ed est Europa, Medio Oriente e Africa, Delphine Ménard, di Wikimedia France, ed Evan Prodromou, di Status.net-identica.ca.
Hanno spiegato la filosofia, la metodologia, il funzionamento degli strumenti che fanno capo alle loro imprese, strumenti che si rivolgono universalmente a tutti.
E tutti, indistintamente, sono gli utenti.
In particolare Hernandez Gallardo ha sottolineato come, negli ultimi tempi, molte parrocchie e alcune diocesi abbiano cominciato ad essere presenti su Facebook e come alcuni utenti inseriscano tra le immagini dei loro “amici” anche le foto di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
(giovanni zavatta) (©L’Osservatore Romano – 14 novembre 2009) Rafforzare la presenza cristiana su Internet: l’impegno dei vescovi europei riuniti in Vaticano sui nuovi media La Chiesa non può ignorare Internet: è quanto sta emergendo con forza alla Plenaria della Ceem, la Commissione episcopale europea per i media, in corso in Vaticano sul tema “La cultura di Internet e la comunicazione della Chiesa”.
In un messaggio indirizzato ai partecipanti all’incontro, Benedetto XVI invita i vescovi europei ad esaminare “questa nuova cultura e le sue implicazioni per la missione della Chiesa”.
Nel testo, a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa sottolinea che la “proclamazione di Cristo richiede una profonda conoscenza della nuova cultura tecnologica”.
Stamani, la Plenaria si è incentrata sui social network.
E’ stata, inoltre, presentata l’attività del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nel campo di Internet.
Ma torniamo ai discorsi principali della sessione d’apertura di ieri con il servizio di Alessandro Gisotti: “La Chiesa ha bisogno di Internet, perché ha una Buona Novella da comunicare”: ne è convinto il cardinale arcivescovo di Zagabria, Josip Bozanic, che nel suo intervento ha sottolineato che in Internet si sta costruendo “il modello antropologico di domani”.
Del resto, il porporato croato ha osservato che il peso crescente che la Rete sta assumendo nella vita delle persone e dei fedeli impone di annunciare il Vangelo anche nel mondo di Internet.
Ed ha sottolineato che Internet “non è solo un recipiente che raccoglie diverse culture.
Internet è cultura” e produce cultura.
Di fronte a questa realtà, ha detto il vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, bisogna rammentare che la Chiesa ha sempre saputo “cogliere la bontà degli strumenti di comunicazione sociale per l’edificazione del genere umano”.
E, dunque, l’interesse per i media e per Internet nasce dalla natura stessa della Chiesa quale “comunità dialogante”.
Sulla necessità per la Chiesa di entrare nell’agorà di Internet, si è soffermato mons.
Jean-Michel di Falco Léandri, vescovo di Gap e di Embrun, presidente della Commissione episcopale europea per i media.
“Così come la croce ha il suo asse verticale e il suo asse orizzontale – ha detto il presule francese – così deve essere la nostra evangelizzazione nella Rete: orizzontale per la sua estensione, verticale per la sua profondità e la sua qualità”.
Mons.
di Falco Léandri non ha mancato di evidenziare ritardi e difficoltà che la Chiesa incontra nel relazionarsi con il fenomeno Internet.
Un sito web cristiano, ha detto il presule, “deve occuparsi del mondo e non tagliarsi fuori dal mondo.
Deve evitare il politichese, evitare di essere esso stesso un ideologo che cerca di imporre la propria verità”.
Piuttosto, ha soggiunto, “deve accontentarsi di proporre la verità di Cristo in maniera ferma” e “umile”.
Pensando in particolare ai giovani, mons.
di Falco ha quindi ribadito che non essere presenti in Internet “equivale a tagliare fuori una buona parte della vita delle persone”, auspicando quindi che la Chiesa promuova sempre più una presenza cristiana sul web.
All’evento, è intervenuto anche mons.
Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che al microfono di Philippa Hitchen si sofferma sul tema della Plenaria: “Il Santo Padre ci ha dato un grande incarico, quello della diaconia della cultura.
C’è questo servizio che la Chiesa deve prestare in questa realtà così complessa e ricca che è la cultura digitale.
I vescovi europei si stanno interrogando su questo.
Il grande rischio, alle volte, è che ci si concentri troppo sui media, quindi su questi nuovi mezzi che diventano sempre più sofisticati e che offrono sempre più ampie possibilità di comunicazione, su questo non c’è dubbio.
Tuttavia, credo che la Chiesa debba sempre interrogarsi alla radice della sua azione su cosa sia veramente comunicazione”.
Intanto, oggi pomeriggio, nella Sala Marconi della nostra emittente, il presidente della Ceem, mons.
Jean-Michel Di Falco ha tenuto una conferenza stampa sul tema della Plenaria.
La Chiesa, ha detto mons.
Jean-Michel Di Falco, non può ignorare Internet, una rivoluzione simile all’invenzione della stampa.
Il presule francese ha sottolineato che la riunione in corso in Vaticano serve proprio per mettere a fuoco punti deboli e punti di forza della comunicazione ecclesiale nel web.
Nella parola religione, ha poi osservato, c’è la radice della parola legare, ovvero connettere, che è proprio quanto realizzano i nuovi media.
Ecco perché, ha detto mons.
Di Falco, sono stati invitati alla Plenaria operatori dei social network, di Wikipedia, Google e Youtube.
C’è bisogno di una formazione all’uso responsabile della Rete, ha quindi avvertito, serve un’educazione ed un accompagnamento che la Chiesa può sviluppare in modo positivo.
Anche se ci sono ritardi nell’utilizzo di Internet da parte della Chiesa, ha infine riconosciuto, le cose stanno cambiando in meglio come testimoniano le numerose iniziative prese al riguardo dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Radio Vaticana La Chiesa cattolica “esce dai suoi ghetti” con internet di Stéphanie Le Bars in “Le Monde” del 13 novembre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org) Papa Benedetto XVI aveva lasciato di sasso molti cattolici attribuendo la peggior stecca del suo pontificato ad un uso insufficiente di internet.
“Mi è stato detto che seguire con attenzione le informazioni a cui si può accedere su internet avrebbe permesso di avere rapidamente conoscenza del problema”, aveva scritto nel marzo 2009 ai vescovi, facendo riferimento alla revoca della scomunica di monsignor Williamson, prelato integralista e notoriamente negazionista.
Concepiti prima di quell’errore di comunicazione, i lavori che si aprono giovedì 12 novembre a Roma, in seno alla Commissione episcopale europea per i media (CEEM), potrebbero contribuire a colmare certe lacune.
Per quattro giorni, un centinaio di persone (vescovi, incaricati stampa delle diocesi) si immergeranno nella cultura della Rete, incontrando dei responsabili della rete sociale Facebook, del motore di ricerca Google, del microblogging (scambi di messaggi brevi) Identi.ca o dell’enciclopedia sociale Wikipedia.
Un hacker svizzero ed uno specialista di Interpol verranno a completare la presentazione delle possibilità esistenti sulla Tela.
“Dobbiamo avere la preoccupazione di continuare a essere là dove è la gente”, insiste monsignor Jean-Michel Di Falco Leandri, vescovo di Gap, presidente della CEEM.
È previsto che giovedì l’ex portavoce dei vescovi francesi faccia una riflessione molto chiara sull’incapacità della Chiesa a cogliere le risorse di internet, in particolare come “strumento di evangelizzazione”.
In filigrana, la sua analisi esprime una critica per una comunicazione troppo caratterizzata dall’organizzazione verticale della Chiesa cattolica.
“Internet ci fa scendere dalla nostra cattedra magistrale, ci fa uscire dai nostri ghetti, dalle nostre sacrestie”, secondo il vescovo francese.
Confrontati con la “web-generation”, i membri della CEEM dovrebbero interrogarsi “sulle conseguenze ecclesiologiche, sugli effetti sul governo stesso della Chiesa, sul posto della religione sul mercato di internet, sui modi di proclamarvi il Vangelo”.
Monsignor Di Falco Leandri sottolinea il vantaggio acquisito dai siti protestanti “evangelisti” in termini di audience.
“I siti cattolici sono centrati su se stessi.
Parlano la lingua degli iniziati ad uso esclusivo degli iniziati.
I siti ‘evangelisti’, al contrario, vogliono raggiungere gli internauti, utilizzando internet come vettore di evangelizzazione.” Certo, ogni diocesi possiede un sito più o meno nutrito, i blog di preti si moltiplicano, le preghiere e i ritiri “on line” si diffondono.
Il Vaticano, il cui sito internet è poco conviviale, ha lanciato in gennaio il proprio canale su Youtube.
Ma questa presenza non è fine a se stessa, insiste monsignor Di Falco Leandri: i siti “cristiani devono essere suscitatori di coscienza”.

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