Giobbe interroga il Creatore

Questo secondo contributo orienta la riflessione sulla figura di Giobbe.
– Il male, il dolore incombono sulla vita dell’uomo, magari innocente: – La fede nel Dio creatore può darvi un senso? Quale?                      Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono.
            – Quale l’atteggiamento del laico credente nel momento della prova?     Dalla potenza ordinatrice del cosmo alla signoria sull’esistenza: Giobbe   La fede di Israele sa che JHVH ha creato i cieli.
Man mano assume anche chiara coscienza che ha creato pure lo stesso Israele.
E di conseguenza,sia pure piuttosto tardi, la creazione si pone a garanzia della signoria di JHVH sulla storia.
I libri sapienziali ne danno luminosa conferma.
Il libro di Giobbe è importante perché misura la signoria di Dio nei confronti dell’aspetto più conturbante della creazione: il dolore e il male ch possono incombere sull’esistenza, magari innocente.
Di fatto nel caso di Giobbe la riflessione si fa sofferta e drammatica: non sono più i limiti e le resistenze del cosmo che fanno problema ma il dolore, il male che attanaglia l’esistenza e non sembra avere spiegazione.
La figura di Giobbe porta all’esasperazione l’interrogativo; rende conturbante la domanda su Dio stesso: quale signoria sulla creazione, quale garanzia di giustizia nel pesare la vita e l’agire dell’uomo davvero gli compete? La ribellione veemente e la vibrante requisitoria  dell’uomo Giobbe sembrano scalzare questa serena visione di uno sviluppo sicuro  che accompagna la vita nel suo imporsi sull’avversione tenace del caos.
Perciò l’intervento stesso di Dio parte proprio dall’appassionata difesa del suo mondo, in cui la vita incede trionfante a dispetto di tutte le resistenze e i limiti che ancora le si oppongono.
‘Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? Dillo se ha i tanta intelligenza… chi ha posto la sua pietra angolare, mentre giocavano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?’ (Giobbe, 38, 4,6b,7) In fondo, Dio non risponde a Giobbe; lo inchioda sulla contemplazione di un universo magnifico e misterioso, di cui Lui solo conosce il segreto, perché l’ha fondato e lo governa.
Il riferimento alla creazione, la celebrazione della sua insondata grandezza, del suo irruente dinamismo; della sovrana autorità con cui Dio la muove inducono Giobbe a riconoscere una sapienza che aveva osato contestare.
Giobbe al pari dei suoi amici guardano il mondo in una fissità e organizzazione definite.
Dio spalanca loro la visione di una vitalità dinamica comandata da un principio irresistibile che va man mano integrando e organizzando gli aspetti difficilmente conciliabili e apparentemente caotici che lo fermentano.
L’appassionata difesa di Dio esprime una presenza straordinariamente avvertita e disponibile ad aprire il gioco imprevedibile della vita, a lasciarlo affermarsi fino allo scontro e all’apparente inconciliabilità, per guidarlo in realtà con superiore sapienza al fine che gli è assegnato.
Di fronte all’uomo Dio solleva il velo per far capire come dietro un enigma che l’uomo scorge se ne celano altri innumerevoli;  che il problema situato e parziale, di cui l’uomo si rende conto, suppone ulteriori interrogativi, che neppure avverte.
L’uomo e la sua tracotanza è dunque messa a tacere; ma soprattutto è ammaestrata a dare fiducia ad una sapienza ordinatrice che intesse in forma suggestiva e sovrano le fila dell’ universo progressivamente riportato all’ordine  e condotto a buon fine.
Giobbe si ricrede; la resa e il riconoscimento pieno al disegno sapiente di Dio sulla sua vita; un disegno profondo e arcano ma non perciò meno garantito e rasserenante.
“Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te.
… Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono.
Perciò mi ricredo e ne provo pentimento su polvere e cenere.” ( Giobbe, 42, 2, 8, 9 )   E’ una confessione umile, ma anche grande: piena di fiducia e di abbandono.
Celebra l’insondabile sapienza di Dio, ma anche la consapevole dignità dell’uomo.
Il dolore può non compromettere, ma rinsaldare l’intimità dell’uomo con Dio.
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– E.
ZENGLER, In principio Dio Creò.
Teologie bibliche della creazione, Brescia, Queriniana, 2007 RAD (Von) G., Teologia dell’Antico Testamento, 2 voll., Brescia, Paideia, 1974.
 TRENTI Z., La secolarità nell’orizzonte della creazione, Leumann, Ellenici, 2009

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