Rapporto giovani 2017: Istituto Toniolo, “lavoro, innovazione e formazione” parole chiave per comprendere le nuove generazioni

Lavoro, innovazione e formazione. Sono queste le tre parole chiave per comprendere il futuro dei giovani italiani: un futuro sempre più legato al tema dell’occupazione e dal quale emerge una forte inquietudine verso le difficoltà attuali del Paese. Ma c’è anche il presente, che non lascia intravedere grandi sbocchi lavorativi, accentuato com’è da una crisi economica enorme. È questo il quadro che emerge dal Rapporto Giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, realizzato con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo e presentato oggi pomeriggio a Milano in Università Cattolica. Il report, giunto alla sua quarta edizione, si è basato su un campione di oltre 9mila giovani tra i 18 e i 32 anni, mentre l’intera indagine è stata raccolta nel volume “La condizione giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2017”, edito da Il Mulino. La fotografia del mondo giovanile italiano ritrae una generazione in equilibrio precario, tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali alla messa in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso sottoutilizzato. Sotto la lente d’ingrandimento del dossier sono finiti proprio gli snodi principali di transizione alla vita adulta: la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola.
Proprio la fiducia verso l’istruzione è il dato che emerge con forza, dal momento che oltre tre quarti del campione concorda nel sostenere che la preparazione scolastica serve in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%). Sei intervistati su dieci (60,5%), inoltre, si sono detti convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita.

http://agensir.it/quotidiano/2017/4/27/rapporto-giovani-2017-istituto-toniolo-lavoro-innovazione-e-formazione-parole-chiave-per-comprendere-nuove-generazioni/

 

ARTICOLI CORRELATI:

 

Rapporto giovani 2017: “generazione che vorrebbe aprirsi al futuro e al mondo con un’Europa politicamente più forte”

“Una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali alla messa pienamente in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso misconosciuto e sottoutilizzato”. È la fotografia del mondo giovanile italiano consegnata dal Rapporto giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, in libreria nel volume “La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2017” (Il Mulino). L’indagine si concentra in particolare sugli snodi principali della transizione alla vita adulta: la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola. “Oltre tre quarti del campione complessivo – riporta l’indagine – concorda nel sostenere che l’istruzione scolastica serva in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%), promuovendo la capacità di ragionamento (75,9%) e di stare con gli altri (75,3%). Sei intervistati su dieci sono convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita (60,5%)”. Dal Rapporto emerge “come il percorso formativo sia determinante sia sulla carriera lavorativa, sia sulle pratiche di partecipazione sociale e politica”. “In tale contesto – prosegue – il 31% dei giovani con licenza media o titolo inferiore e il 31,6% dei qualificati ha dichiarato di aver svolto volontariato, la percentuale sale al 41,4% tra coloro che hanno concluso gli studi con il diploma di scuola superiore e al 51,7% nei laureati. Invece per quanto riguarda la partecipazione ad attività di pressione pubblica (petizioni, raccolte firme, manifestazioni di piazza, campagne di sensibilizzazione sui social network ecc.) il 61 % degli intervistati con la laurea ha dichiarato di avere preso parte, contro il 49,7% di quelli con licenza media o inferiore”.

http://agensir.it/quotidiano/2017/4/24/rapporto-giovani-2017-generazione-in-equilibrio-precario-formazione-determinante-per-carriera-lavorativa/

 

Rapporto giovani 2017, Istituto Toniolo: scuola necessaria alla crescita umana

comunicato Istituto Toniolo – Lavoro, Innovazione e formazione sono le tre parole chiave per comprendere il futuro dei giovani italiani.

 

Il tema del LAVORO risulta sempre più legato al mondo giovanile italiano dal quale emerge forte la preoccupazione nei confronti di una condizione di difficoltà che non fa intravedere sbocchi lavorativi e che risulta accentuata da una crisi economica che ha colpito molti paesi e tutte le fasce d’età. Ma le nuove generazioni sono anche il “nuovo che produce nuovo”. Non vengono per essere uguali alle generazioni dei genitori e dei nonni. Sono quindi il modo attraverso cui una società costruisce e INNOVA il proprio futuro cercando di compiere con successo il percorso di transizione alla vita adulta nonostante il rischio di impoverimento materiale, frustrazione psicologica e disagio sociale. Tutto questo in un contesto sempre più legato alla coscienza della necessità di un investimento personale nella FORMAZIONE grazie alla quale si preparano alla vita oltre che al mondo del lavoro.

È questo il quadro che emerge dal RAPPORTO GIOVANI 2017 (RG2017) dell’Istituto Toniolo realizzato con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo . Il RG2017 si è basato su un campione di oltre 9.000 giovani tra i 18 e i 32 anni.

La fotografia del RG2017 del mondo giovanile italiano ci presenta una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali alla messa pienamente in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso misconosciuto e sottoutilizzato. Il 92,2% degli intervistati dichiara di non essere riuscito a realizzare i propri desideri formulati l’anno passato di uscire dalla famiglia di origine (Tab. A).

Sotto la lente d’ingrandimento del RG2017 gli snodi principali della transizione alla vita adulta: la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola. In tale ambito il RG2017 restituisce il punto di vista dei giovani del contesto scolastico, non solo sulla sua capacità di essere luogo di apprendimento, ma anche su come incide sul benessere individuale e relazionale, oltre che sulle ricadute rispetto agli altri ambiti di vita. Oltre tre quarti del campione complessivo concorda nel sostenere che l’istruzione scolastica serve in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%), promuovendo la capacità di ragionamento (75,9%) e di stare con gli altri (75,3%). Sei intervistati su dieci sono convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita (60,5%). (Tab. B)

Certamente il RG2017 attesta come il percorso formativo sia determinante sulla carriera lavorativa, sia sulle pratiche di partecipazione sociale e politica. In tale contesto il 31% dei giovani con licenza media o titolo inferiore e il 31,6% dei qualificati ha dichiarato di aver svolto volontariato, la percentuale sale al 41,4% tra coloro che hanno concluso gli studi con il diploma di scuola superiore e al 51,7% nei laureati (Tab. C). Invece per quanto riguarda la partecipazione ad attività di pressione pubblica (petizioni, raccolte firme, manifestazioni di piazza, campagne di sensibilizzazione sui social network, etc…) il 61 % degli intervistati con la laurea ha dichiarato di avere preso parte, contro il 49,7% di quelli con licenza media o inferiore (Tab. D).

Una crescente attenzione viene, inoltre, assegnata alle soft (o life) skills, le cosiddette competenze traversali, in grado non solo di aumentare l’occupabilità, ma soprattutto di  trasformare il sapere tecnico in partecipazione di successo ai processi innovativi. I dati del Rapporto giovani mostrano come la consapevolezza di aver maturato tali competenze sia sensibilmente maggiore tra i laureati (63%) rispetto a chi ha avuto percorsi di formazione più breve: diplomati 55%, licenza media 50%, qualifica professionale 47%. (Tab. E).

Il RG2017 punta l’attenzione in particolare su due tappe cruciali del processo di transizione alla vita adulta: l’autonomia dai genitori e la formazione di una propria famiglia. I dati mostrano come rispetto ad aspettative e progettualità i giovani italiani non si distinguano in modo rilevante rispetto ai coetanei degli altri paesi europei, mentre più ampio che altrove è il divario tra ciò che vorrebbero fare e quello che riescono effettivamente a realizzare. Lavoro e situazione economica rappresentano, infatti, per oltre il 70% degli intervistati un elemento che ha pesato abbastanza o molto nell’impedire l’uscita dalla casa dei genitori. A conferma dell’importanza dei fattori oggettivi, la categoria più penalizzata risulta, come era logico attendersi, quella dei Neet, per la quale lavoro e congiuntura economica sono stati ostacoli rilevanti in più dell’80% dei casi (83% per il lavoro, 84,6% per la situazione economica).

Proprio a loro viene dedicata un’attenzione particolare dal RG2017 dal quale emerge come al «non» studio e lavoro tendono ad associarsi anche altri «non» sul versante delle scelte di autonomia, di formazione di una famiglia, di partecipazione civica, di piena cittadinanza. Dal quadro si evidenzia un profilo di Neet con caratteristiche e comportamenti ben identificabili attraverso le attività svolte sui social network, sia sul versante delle preferenze e dell’uso come intrattenimento sia – anche se in modo minoritario – sulla ricerca di informazioni legate al lavoro e utili per uscire dalla condizione di «stallo e inattività». Ad esempio il 50% dei Neet passa almeno un’ora su Facebook e poco meno del 20% addirittura più di tre ore.

Il RG2017 esplora anche l’atteggiamento delle nuove generazioni verso il confronto tra culture e la possibilità di un destino comune senza confini. Quello che emerge è il ritratto di una generazione che non vorrebbe chiudersi, ma aprirsi al futuro e al mondo con un’Europa politicamente più forte verso l’esterno e socialmente più solida all’interno. Ma anche consapevole delle difficoltà, disillusa nei confronti delle istituzioni, timorosa – soprattutto nelle sue componenti culturalmente e socialmente più fragili – di trovarsi abbandonata di fronte ai rischi di aperture e cambiamenti, senza poter davvero accedere a nuove opportunità. Basti pensare che il 70,8% dei giovani italiani lavorerebbe all’estero con una percentuale più elevata rispetto ai coetanei delle altre nazioni. (Tab. F).

Il RG2017 attesta anche come i Millennials siano aperti alla sperimentazione di nuove forme di interazione sociale, di confronto orizzontale, di scambio e condivisione di informazione in rete, anche di partecipazione sociale e politica dal basso. Il 90,3 % dei giovani del campione dichiara di possedere un account su Facebook. Ad esso fa seguito, ma a significativa distanza Instagram rispetto al quale la percentuale di chi dichiara di avere un account attivo si ferma al 56,6% (Tab. G).

L’atteggiamento della maggioranza dei giovani non è comunque ingenuo, anche se è abbastanza diffusa l’esperienza di situazioni negative (come trovarsi vittime consapevoli o inconsapevoli di «bufale», trolling e hate speech). In tale ambito, i giovani che hanno dichiarato di avere avuto una esperienza diretta di trolling sono il 37,7% come «spettatore» della vicenda; il 13% come vittima e, infine, una quota minoritaria, ma comunque importante, pari al 9,3%, come responsabile.

Il RG2017 ci presenta anche un universo giovanile non scevro da comportamenti a rischio (come avere rapporti sessuali occasionali non protetti, il consumo di droghe, l’abuso di alcol), mettendoli in relazione con norme sociali, tipo di rapporto con i genitori e dimensione morale. I dati indicano che non si tratta di comportamenti nel complesso marginali, dato che quasi un intervistato su due dichiara di aver tenuto almeno una delle condotte a rischio negli ultimi dodici mesi; la frequenza è però spesso occasionale.

“Se vogliamo ancora sperare in un futuro migliore – spiega ALESSANDRO ROSINA, docente di demografia all’Università Cattolica di Milano e coordinatore del Rapporto Giovani  – non dobbiamo considerare i giovani come i “perdenti” da proteggere in un mondo diverso dal passato, ma le risorse principali per contribuire a cambiare il mondo nella direzione auspicata.

“Di fronte alle grandi trasformazioni – aggiunge ROSINA – demografiche, alle sfide poste dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica – destinate a produrre un grande impatto sulle vite dei singoli, sull’organizzazione sociale, sulla crescita economica – è cruciale, anzi vitale, aiutare le nuove generazioni a produrre nuove mappe della realtà che muta e individuare i percorsi più promettenti per raggiungere obiettivi condivisi. Il rischio è altrimenti quello per i giovani di perdersi e per la collettività di impoverirsi e veder aumentare diseguaglianze generazionali e sociali.

 

Ricerca/Giovani: una generazione in equilibrio precario

mercoledì 26 aprile 2017 | PELLEGATTA ROBERTO |

 

La condizione giovanile in Italia: il Rapporto Giovani

25 febbraio 2017  –  Isituto Toniolo

Il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, giunto alla quarta edizione, è diventato in questi anni un solido punto di riferimento sulla complessa e dinamica realtà giovanile.

Oltre all’aggiornamento annuale sulle scelte formative, sui percorsi lavorativi, sulla progettazione di una propria famiglia, su valori, aspettative e atteggiamento verso le istituzioni delle nuove generazioni, il Rapporto 2017 contiene tre focus dedicati ad altrettanti temi chiave:  il primo riguarda lo scenario post Brexit e le possibilità di rilancio di un processo in grado di superare nuovi timori e vecchi confini. Il secondo, dedicato alle nuove tecnologie di comunicazione e ai social network, analizza come stia mutando quantitativamente e qualitativamente il loro uso e quale sia l’impatto di tale mutamento sulla vita sociale e relazionale. Il terzo, infine, riguarda le condizioni di vulnerabilità e disagio, con un’analisi sia dell’aspetto emotivo sia di quello comportamentale, in connessione con il contesto familiare, sociale ed educativo.

Il filo rosso che unisce i vari capitoli è il racconto di una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, penalizzata da freni culturali e istituzionali che non permettono una piena valorizzazione di potenzialità troppo spesso misconosciute e sottoutilizzate.

Il Rapporto Giovani 2017 costituisce il terzo appuntamento di un osservatorio continuo sulla condizione giovanile. Il progetto si propone come uno dei principali punti di riferimento in Italia per analisi, riflessioni, politiche che consentano di migliorare conoscenza e capacità di intervento sulla complessa e articolata realtà dei Millennials.

Il Rapporto Giovani è nato su iniziativa dell’Istituto Giuseppe Toniolo nel 2012, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. L’edizione 2016 è in libreria (Società Editrice Il Mulino).

 

I temi trattati nel Rapporto

Il Rapporto Giovani mette a disposizione dati, analisi, riflessioni, proposte di intervento che consentano di migliorare la conoscenza e la capacità di azione sulla realtà giovanile, confermandosi uno strumento utile non solo ai ricercatori, ma anche agli stessi giovani, alle loro famiglie, agli educatori, ai giornalisti, agli imprenditori e ai decisori pubblici.
La nuova edizione ci offre un quadro aggiornato di questo “capitale umano in formazione”, illustrandone i valori di riferimento, le aspettative, l’impegno sociale, le scelte formative, i percorsi professionali. Ecco perché si tratta di un prezioso punto di riferimento per chi vuole essere aggiornato su comportamenti e aspirazioni delle giovani generazioni nel nostro Paese.
L’edizione 2016 propone, inoltre, approfondimenti specifici su temi attuali come la sfida del confronto multiculturale, la fruizione del tempo libero, le startup e la sharing economy.
Ne emerge un ritratto a tutto tondo delle nuove generazioni, fragili di fronte alle molte difficoltà del presente, ma anche “affamate” di opportunità e di occasioni per mettersi in gioco.

È interessante, infatti, osservare come il giudizio dato dai laureati verso le istituzioni risulti più elevato su quasi tutte le voci prese in considerazione anche se con intensità diversa. Anche rispetto alla Brexit e al voto nell’ipotetico caso di un referendum analogo in Italia, si riscontra un forte legame con il titolo di studio. Viceversa, la componente di giovani che presenta una più bassa fiducia verso l’esterno assieme a una più ridotta autostima, sono i Neet (quelli che non studiano e non lavorano). L’atteggiamento verso il lavoro non risulta, però, meno positivo rispetto agli altri. Questo suggerisce la possibilità di far uscire i Neet dalla propria condizione attraverso percorso che rimetta in relazione positiva fare e imparare attraverso esperienze di rafforzamento delle life skills. Ciò che caratterizza i Neet è l’ossessione del lavoro che manca, ma senza essere adeguatamente aiutati a metterlo in relazione positiva con un percorso di maggiore comprensione della realtà attraverso strumenti di informazione e cultura. Infine, la conferma del freno alla progettualità viene confermato anche dai dati sulle scelte di vita: i Neet, assieme a chi ha un lavoro instabile, non presentano livelli più bassi rispetto agli obiettivi di autonomia e formazione di una propria famiglia, ma riescono di meno a concretizzarli.

Nell’insieme, i dati contenuti nel ‘Rapporto giovani’ mostrano come una solida formazione possa fare la differenza consentendo di mettere in relazione positiva le proprie specificità e potenzialità con le nuove opportunità. Viceversa, chi non è stato aiutato a superare le proprie fragilità non solo fatica a cogliere le opportunità ma diventa più esposto ai nuovi rischi di un mondo sempre più complesso e in forte trasformazione. Detto in altre parole, dove vengono fatte incontrare potenzialità delle nuove generazioni e opportunità del mondo in trasformazione, i giovani diventano la parte più avanzata di un futuro migliore da costruire. Dove invece si scontrano le fragilità della nuove generazioni con i nuovi rischi delle società moderne, i giovani diventano il costo sociale più elevato di un presente senza prospettive.

Per approndire http://www.rapportogiovani.it/la-condizione-giovanile-in-italia-il-rapporto-giovani-2016/

http://www.disal.it/Objects/Pagina.asp?ID=23928

 

Giovani: “Non perdenti da proteggere, ma risorse per cambiare il mondo”

“È una generazione che non vorrebbe chiudersi – osserva il Rapporto Giovani -, ma aprirsi al futuro e al mondo con un’Europa politicamente più forte verso l’esterno e socialmente più solida all’interno. Ma anche consapevole delle difficoltà, disillusa nei confronti delle istituzioni, timorosa – soprattutto nelle sue componenti culturalmente e socialmente più fragili – di trovarsi abbandonata di fronte ai rischi di aperture e cambiamenti, senza poter davvero accedere a nuove opportunità”

 

Lo ha affermato Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica e curatore dell’indagine, presentando il Rapporto Giovani 2017

«Una generazione in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità a cui tendere, con freni culturali e istituzionali alla messa pienamente in campo di tutto il proprio potenziale, troppo spesso misconosciuto e sottoutilizzato». È la fotografia del mondo giovanile italiano consegnata dal Rapporto giovani 2017 dell’Istituto Toniolo, in libreria nel volume “La condizione giovanile in Italia. Rapporto giovani 2017” (Il Mulino).

L’indagine si concentra in particolare sugli snodi principali della transizione alla vita adulta, ovvero la formazione, il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola: «Oltre tre quarti del campione complessivo – riporta l’indagine – concorda nel sostenere che l’istruzione scolastica serva in primo luogo ad attrezzare la persona, accrescendone le abilità e le conoscenze (80,5%), promuovendo la capacità di ragionamento (75,9%) e di stare con gli altri (75,3%). Sei intervistati su dieci sono convinti che l’istruzione sia anche una risorsa utile per affrontare la vita (60,5%)».

Dal Rapporto emerge, inoltre, come il percorso formativo sia determinante sia sulla carriera lavorativa, sia sulle pratiche di partecipazione sociale e politica: «In tale contesto – prosegue – il 31% dei giovani con licenza media o titolo inferiore e il 31,6% dei qualificati ha dichiarato di aver svolto volontariato, la percentuale sale al 41,4% tra coloro che hanno concluso gli studi con il diploma di scuola superiore e al 51,7% nei laureati».

Alessandro Rosina, docente di demografia all’Università Cattolica di Milano

Invece per quanto riguarda la partecipazione ad attività di pressione pubblica (petizioni, raccolte firme, manifestazioni di piazza, campagne di sensibilizzazione sui social network ecc.), il 61 % degli intervistati con la laurea ha dichiarato di avere preso parte, contro il 49,7% di quelli con licenza media o inferiore: «È una generazione che non vorrebbe chiudersi – osserva il Rapporto Giovani -, ma aprirsi al futuro e al mondo con un’Europa politicamente più forte verso l’esterno e socialmente più solida all’interno. Ma anche consapevole delle difficoltà, disillusa nei confronti delle istituzioni, timorosa – soprattutto nelle sue componenti culturalmente e socialmente più fragili – di trovarsi abbandonata di fronte ai rischi di aperture e cambiamenti, senza poter davvero accedere a nuove opportunità».

È questa la fotografia scattata ai “millennials” (coloro che sono nati fra gli anni ’80 e i 2000) dal Rapporto giovani 2017. Tra i dati, l’indagine riferisce che il 70,8% dei giovani italiani lavorerebbe all’estero con una percentuale più elevata rispetto ai coetanei delle altre nazioni. Il rapporto punta l’attenzione in particolare su due tappe cruciali del processo di transizione alla vita adulta, come l’autonomia dai genitori e la formazione di una propria famiglia: «I dati – riporta la presentazione dell’indagine – mostrano come rispetto ad aspettative e progettualità i giovani italiani non si distinguano in modo rilevante rispetto ai coetanei degli altri Paesi europei, mentre più ampio che altrove è il divario tra ciò che vorrebbero fare e quello che riescono effettivamente a realizzare. Lavoro e situazione economica rappresentano, infatti, per oltre il 70% degli intervistati un elemento che ha pesato abbastanza o molto nell’impedire l’uscita dalla casa dei genitori».

La categoria più penalizzata è quella dei Neet, i giovani che non studiano e non lavorano. Al “non” studio e lavoro tendono ad associarsi anche altri ‘non’, secondo l’indagine, sul versante delle scelte di autonomia, di formazione di una famiglia, di partecipazione civica, di piena cittadinanza: «Se vogliamo ancora sperare in un futuro migliore – conclude Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica e curatore dell’indagine -, non dobbiamo considerare i giovani come i “perdenti” da proteggere in un mondo diverso dal passato, ma le risorse principali per contribuire a cambiare il mondo nella direzione auspicata. Di fronte alle grandi trasformazioni è cruciale, anzi vitale, aiutare le nuove generazioni a produrre nuove mappe della realtà che muta e individuare i percorsi più promettenti per raggiungere obiettivi condivisi. Il rischio è, altrimenti, quello per i giovani di perdersi e per la collettività di impoverirsi e veder aumentare diseguaglianze generazionali e sociali».

http://www.laporzione.it/2017/04/27/giovani-non-perdenti-da-proteggere-ma-risorse-per-cambiare-il-mondo/

 

Rapporto del Toniolo. Lavoro, famiglia, autonomia: i giovani pronti, l’Italia no


Alessandro Rosina* mercoledì 26 aprile 2017

 

Nell’analisi dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica si vede che il desiderio di indipendenza c’è. E anche quello di futuro e di impegno nella società. Manca l’occupazione, però. Perché è importante occuparsi della condizione dei giovani? Varie sono le risposte che si possono dare a questa domanda. Quella più comune fa riferimento agli ostacoli che incontrano i giovani nel compiere con successo il percorso di transizione alla vita adulta, con rischio di impoverimento materiale, frustrazione psicologica, disagio sociale. Si tratta di una preoccupazione cresciuta nel tempo, accentuata da una crisi economica che ha colpito tutti, ma con effetti particolarmente negativi sui giovani italiani. Anche i dati più recenti mostrano come l’occupazione degli under 35 trovi maggior difficoltà a raggiungere i livelli precedenti alla recessione.

C’è però anche una seconda risposta, meno contingente, che punta l’attenzione non tanto sulla realtà che non va, ma su quello che i giovani possono essere e vogliono diventare. L’obiettivo è in questo caso quello di capire attraverso le nuove generazioni il mondo che cambia e come il nostro Paese vive e affronta le sfide che il cambiamento (pro)pone. Le nuove generazioni sono un osservatorio privilegiato del mutamento sociale, perché crescono con il mondo che cambia e ne sono quindi gli interpreti più autentici, ma anche perché ciò che muta va ad incidere soprattutto sul loro futuro.

Ma c’è di più: le nuove generazioni sono il nuovo che produce nuovo. Non vengono per essere uguali alle generazioni precedenti (dei genitori e dei nonni) e non nascono e crescono in un mondo uguale a quello delle generazioni precedenti. Sono quindi il modo attraverso cui una società costruisce il proprio futuro, che è sempre un luogo diverso dal presente. Quello che accade ai giovani, quello che desiderano, quello che progettano, contiene allora le informazioni più importanti per capire dove soffia il vento del cambiamento e come sono disposte le nostre vele rispetto a tale vento. Solo se le opportunità delle nuove generazioni aumentano rispetto a quelle precedenti possiamo dire che la direzione intrapresa è quella giusta.

Prima di preoccuparci per i giovani dovremmo, quindi, cercare di capire meglio le nuove generazioni e come il mondo cambia con esse. È la prospettiva di lettura e analisi proposta all’interno del ‘Rapporto giovani’ dell’Istituto Toniolo, in questi giorni in libreria con l’edizione 2017.

La spinta giovanile verso l’innovazione, come ricerca di nuove soluzioni, è ancor più importante oggi di fronte alle grandi trasformazioni demografiche, alle sfide poste dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica, destinate a produrre un grande impatto sulle vite dei singoli, sull’organizzazione sociale, sulla crescita economica. Davanti a tali mutamenti è cruciale, anzi vitale, aiutare le nuove generazioni a produrre nuove mappe della realtà in trasformazione e individuare i percorsi più promettenti per raggiungere obiettivi condivisi. Il rischio è altrimenti quello per i giovani di perdersi e per la collettività di impoverirsi e veder aumentare diseguaglianze generazionali e sociali. Più in particolare, una delle chiavi principali per rimettere in moto il Paese sta nel rapporto tra valorizzazione del capitale umano e competitività delle aziende. All’interno di queste ultime una crescente attenzione viene assegnata alle life skills, competenze traversali in grado non solo di aumentare l’occupabilità, ma soprattutto di trasformare il sapere teorico e tecnico in partecipazione di successo ai processi innovativi. I dati del ‘Rapporto giovani 2017’ mostrano come la consapevolezza di aver maturato tali competenze sia sensibilmente maggiore tra i laureati rispetto a chi si ha avuto percorsi di formazione più breve, indipendentemente dalla famiglia di origine. Un risultato incoraggiante in termini di spinta alla mobilità sociale. Forte risulta anche il legame tra titolo di studio e partecipazione ad attività di volontariato. La disponibilità all’impegno per migliorare la comunità in cui si vive è elevata e trasversale, ma chi poi la trasforma in esperienza concreta è soprattutto chi ha un titolo di studio medio-alto.

L’investimento personale nella formazione tende, in generale, a promuovere l’inserimento in un circolo virtuoso di reciproco sostegno e incentivo tra fare e imparare, andando ad arricchire un curriculum di esperienze positive che preparano alla vita oltre che al mondo del lavoro. La combinazione positiva tra imparare e fare ha ricadute sulle life skills (ovvero sulla visione positiva della vita, sulla progettualità, sull’apertura verso gli altri). Risulta inoltre protettiva, nel difficile contesto attuale, anche verso la perdita di fiducia verso il futuro e nei confronti delle istituzioni. È interessante, infatti, osservare come il giudizio dato dai laureati verso le istituzioni risulti più elevato su quasi tutte le voci prese in considerazione anche se con intensità diversa. Anche rispetto alla Brexit e al voto nell’ipotetico caso di un referendum analogo in Italia, si riscontra un forte legame con il titolo di studio. Viceversa, la componente di giovani che presenta una più bassa fiducia verso l’esterno assieme a una più ridotta autostima, sono i Neet (quelli che non studiano e non lavorano).

L’atteggiamento verso il lavoro non risulta, però, meno positivo rispetto agli altri. Questo suggerisce la possibilità di far uscire i Neet dalla propria condizione attraverso percorso che rimetta in relazione positiva fare e imparare attraverso esperienze di rafforzamento delle life skills. Ciò che caratterizza i Neet è l’ossessione del lavoro che manca, ma senza essere adeguatamente aiutati a metterlo in relazione positiva con un percorso di maggiore comprensione della realtà attraverso strumenti di informazione e cultura. Infine, la conferma del freno alla progettualità viene confermato anche dai dati sulle scelte di vita: i Neet, assieme a chi ha un lavoro instabile, non presentano livelli più bassi rispetto agli obiettivi di autonomia e formazione di una propria famiglia, ma riescono di meno a concretizzarli. Nell’insieme, i dati contenuti nel ‘Rapporto giovani’ mostrano come una solida formazione possa fare la differenza consentendo di mettere in relazione positiva le proprie specificità e potenzialità con le nuove opportunità. Viceversa, chi non è stato aiutato a superare le proprie fragilità non solo fatica a cogliere le opportunità ma diventa più esposto ai nuovi rischi di un mondo sempre più complesso e in forte trasformazione. Detto in altre parole, dove vengono fatte incontrare potenzialità delle nuove generazioni e opportunità del mondo in trasformazione, i giovani diventano la parte più avanzata di un futuro migliore da costruire. Dove invece si scontrano le fragilità della nuove generazioni con i nuovi rischi delle società moderne, i giovani diventano il costo sociale più elevato di un presente senza prospettive.

*coordinatore scientifico del Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo e demografo dell’Università Cattolica