Comunicazione e immigrazione. L’importanza dei numeri per una corretta informazione

I dati forniti smentiscono tanti luoghi comuni sui flussi migratori. Ne ha parlato Alessandro Agostinelli, responsabile del centro SPRAR della Caritas di Roma, durante la “Giornata dei Curricoli” della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’UPS.

Sono in molti a sostenere come il mito dell’obiettività sia un ideale irraggiungibile per il mondo del giornalismo. Quando parliamo di immigrazione però, alla comunicazione spetta una grande responsabilità: fornirne un’immagine corretta, rappresentativa e quanto più possibile obiettiva del fenomeno. Per questo motivo esistono i numeri, la cui interpretazione diventa la chiave di lettura fondamentale per capire necessità e stilare modalità d’intervento a sostegno di chi ne ha più bisogno. Alessandro Agostinelli, responsabile del centro SPRAR (il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), Caritas di Roma, ne ha parlato martedì 15 novembre durante la “Giornata dei Curricoli” della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale dell’Università Pontificia Salesiana, nell’appuntamento annuale che la facoltà offre agli studenti per confrontarsi con i professionisti, gli ambiti e i contenuti della comunicazione.

L’edizione di quest’anno si è concentrata sulla tematica “Comunicazione e Immigrazione”, proponendo nella prima parte dell’incontro il contributo di professionisti come Gabriele Beltrami, Responsabile dell’Ufficio Comunicazione Scalabriniani e Marco Binotto, del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza di Roma. Nella seconda parte c’è stata invece la testimonianza di giornalisti specializzati sull’immigrazione, ex allievi della facoltà stessa: Iman Sabbah ora lavora in Rai, Naman Tarcha, siriano, è un conduttore e tv reporter e John Mwangi Njoroge, un giornalista d’inchiesta keniano.

Alessandro Agostinelli ha prima di tutto sfatato una convinzione diffusa: non è vero che la maggior parte degli immigrati sbarca sulle coste italiane. Nel 2015 ne sono arrivati 154 mila (ad ottobre 2016 quasi 160 mila), in Grecia più di 800 mila, mentre il conteggio europeo sale sopra ad 1 milione. Il sentimento di “accerchiamento” che molti vivono è in realtà costruito ad hoc dai media e dalla politica. Il tutto contribuisce a creare nell’opinione pubblica un circolo vizioso che narra l’immigrazione come un problema e non come una risorsa. Ancora una volta però i numeri raccontano tutta un’altra storia: più di 2,3 milioni di immigrati, in Italia, hanno una occupazione fissa e contribuiscono in maniera attiva all’economia e al sistema pensionistico con ben 11 miliardi. La corretta informazione dovrebbe smentire, secondo Agostinelli, anche un altro luogo comune: chi l’ha detto che le persone che arrivano sulle coste italiane poi restino effettivamente tutte nel nostro Paese? I dati forniti dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati, confermano che solo il 54% decide di rimanere sul suolo italiano, facendo la domanda d’asilo. L’Italia come ponte per l’Europa dunque, più che come destinazione d’arrivo. Sbagliato dunque parlare di “emergenza” o di “crisi”. Soprattutto in Italia.

Il rapporto 2016 sulla protezione internazionale nel nostro Paese, presentato a Roma in questi giorni, lo spiega in maniera abbastanza emblematica. Nel 2015 sono state presentate 1,4 milioni di domande di protezione internazionale: 477 mila solo in Germania, che copre il 36% delle istanze in UE, seguita da Ungheria, Svezia, Austria e Italia, in quinta posizione. Altri dati sono molto più preoccupanti: nel mondo circa 34mila persone al giorno sono state costrette a fuggire dalle loro case per l’acuirsi di conflitti e situazioni di crisi, ovvero una media di 24 persone al minuto. Il Paese che accoglie il maggior numero di rifugiati a livello mondiale è la Turchia (ben 2,5 milioni) e poi a seguire Pakistan e Libano (entrambe sopra il milione), Iran ed Etiopia. In Europa il fenomeno è notevolmente ridotto. Andiamoci piano quindi con gli allarmismi. L’unico numero davvero preoccupante è rappresentato dai quasi 4 milioni di migranti morti durante la traversata del Mediterraneo nel 2016, l’anno che più di tutti si è macchiato di sangue nella storia dei flussi migratori. Questo sì che è un numero da far paura.

da YOUNG4YOUNG 17 novembre 2016