Strenna 2015

COME   DON  BOSCO, CON I GIOVANI, PER I GIOVANI!

Giunti a questo mese di giugno, alla fine degli impegni educativo-scolastici in  un  emisfero, mi si chiede che, come è avvenuto in precedenza, presenti un’anticipazione o abbozzo di quale sarà la Strenna del 2015, tema che verrà poi sviluppato ed approfondito in una lettera circolare alla fine del presente anno. Volentieri offro questo abbozzo, col desiderio che possa servire in tutta la Famiglia Salesiana per quel che vuol essere: solo un’anticipazione o una indicazione di quanto a suo tempo verrà consegnato alle nostre sorelle, le Figlie di Maria Ausiliatrice, com’è tradizione, e a tutta la Famiglia Salesiana.

Lo schema di tale abbozzo è il seguente:

1. Una bella eredità spirituale.

2. La Strenna come Parola di UNITÀ per tutta la Famiglia Salesiana.

3. Come Don Bosco: con il suo cuore pastorale e la sua scelta educativa, coinvolti nella Trama di Dio.

4. Un carisma, quello salesiano, al servizio della comunione evangelizzatrice.

5. Con i giovani, per i giovani! Specialmente i più poveri.

6. Nel bicentenario della nascita di Don Bosco.

7. Con Maria, la più insigne collaboratrice dello Spirito Santo.

1.   UNA BELLA EREDITÀ  SPIRITUALE 

Qualifico come ‘bella esperienza spirituale’ la nostra tradizione familiare della Strenna, perché si tratta di qualcosa che è sempre stata molto a cuore a Don Bosco. I primi messaggi – a mo’ di Strenna – raccolti nella nostra tradizione, risalgono alla decade del 1850. Nelle Memorie Biografiche[1] leggiamo che un espediente usato da Don Bosco era quello di scrivere, ogni tanto, un bigliettino, facendolo arrivare a colui cui voleva dare un consiglio. Alcuni di questi bigliettini sono stati conservati e sono messaggi molto personali, che invitano ad una buona azione o a porre rimedio a qualcosa che non va bene. Ma oltre a questo, fin dai primi anni dell’Oratorio, Don Bosco aveva cominciato a consegnare, verso la fine dell’anno, una Strenna a tutti i suoi giovani in generale e un’altra a ciascuno in particolare. La prima, quella generale, consisteva solitamente nell’indicare alcuni modi di procedere e degli aspetti da tenere presenti per il buon andamento dell’anno che stava per cominciare. Quasi ogni anno Don Bosco continuò a dare tali Strenne.

L’ultima Strenna – l’ultima per Don Bosco e per i suoi figli – è formulata in una situazione molto speciale. La troviamo presentata anche nelle Memorie Biografiche[2]. Don Bosco, sentendo che stava arrivando il momento finale, fece chiamare Don Rua e Mons.Cagliero, e con le poche forze che gli rimanevano, diede alcune ultime raccomandazioni per loro e per tutti i Salesiani. Benedisse le case di America e i molti confratelli che risiedevano in quelle terre, benedisse tutti i cooperatori italiani e le loro famiglie e, infine, chiese loro che gli promettessero di amarsi come fratelli… e che raccomandassero la comunione frequente e la devozione a Maria Santissima Ausiliatrice.

Raccogliendo queste parole di Don Bosco, Don Rua nella sua terza circolare descrive quel momento e quelle parole, e aggiunge che «questo potrebbe servire come Strenna del nuovo anno da inviare a tutte le case salesiane. Desiderava che fosse per tutta la vita e dette la sua approvazione perché servisse realmente come strenna per il nuovo anno»[3].

2.  LA  STRENNA  COME  PAROLA  DI  UNITÀ  PER  TUTTA  LA  FAMIGLIA  SALESIANA

La nostra Famiglia Salesiana si caratterizza per il fatto di essere, in primo luogo, una famiglia carismatica[4], in cui il Primato di Dio-Comunione costituisce il cuore della mistica salesiana.

In questa comunione riconosciamo la diversità, e allo stesso tempo l’unità che ha la sua sorgente nella consacrazione battesimale, nel condividere lo spirito di Don Bosco e nella partecipazione alla missione salesiana al servizio dei giovani, specialmente dei più poveri[5].

Per questo in ogni Strenna sottolineiamo questo aspetto della comunione, che è prioritario nella nostra Famiglia. Nella misura in cui una Strenna può aiutare le programmazioni pastorali dei diversi rami e gruppi, è benvenuta, ma la sua finalità non è questa, non è quella di giungere ad essere un programma di pastorale per l’anno, ma piuttosto di essere un messaggio creatore di unità e di comunione per tutta la nostra Famiglia Salesiana, in un obiettivo comune. 

3.  COME  DON  BOSCO: CON IL  SUO  CUORE  PASTORALE  E  LA  SUA AZIONE  EDUCATIVA, COINVOLTI NELLA TRAMA DI DIO

Il cuore di Gesù, Buon Pastore, contrassegna tutto il nostro agire pastorale e costituisce un riferimento essenziale per noi. Allo stesso tempo, ne troviamo la concretizzazione, ‘alla maniera salesiana’, in Don Bosco plasmato nel singolare spirito di Valdocco, o in quello similare di Mornese, o in quel che è più tipico ad ogni gruppo della nostra Famiglia Salesiana. Ma sappiamo che il punto di confluenza primo e per tutti è il carisma di Don Bosco suscitato dallo Spirito Santo, per il bene della Chiesa. È quel che chiamiamo carisma salesiano, che abbraccia e accoglie tutti e tutte.

 In Don Bosco “la felice espressione (che fu il suo programma di vita) ‘Basta che siate giovani perché io vi ami assai’ è la parola e, prima ancora, l’opzione educativa fondamentale del Santo”[6]. Sappiamo bene che per i suoi ragazzi e i suoi giovani “Don Bosco svolge un’impressionante attività con le parole, gli scritti, le istituzioni, i viaggi, gli incontri con personalità civili e religiose; per essi, soprattutto, manifesta un’attenzione premurosa, rivolta alle loro persone, perché nel suo amore di padre i giovani possano cogliere il segno di un amore più alto”[7].

“Secondo gli stessi criteri e col medesimo spirito egli cerca di trovare una soluzione anche ai problemi della gioventù femminile. Il Signore suscita accanto a lui una Confondatrice: santa Maria Domenica Mazzarello, con un gruppo di giovani colleghe già dedicate, a livello parrocchiale, alla formazione cristiana delle ragazze. Il suo atteggiamento pedagogico suscita altri collaboratori – uomini e donne – ‘consacrati’ con voti stabili, ‘cooperatori’, associati nella condivisione degli ideali pedagogici e apostolici”[8]. A tutto questo si aggiunge il fatto di  essere il promotore di una speciale devozione a Maria, Ausiliatrice dei Cristiani e Madre della Chiesa, e la sua cura ed affetto costante per i propri ex-allievi.

E al centro di tutto questo agire e della sua visione c’è, come vero motore della sua forza personale, la ‘carità pastorale’. Quella carità pastorale che per Don Bosco, proprio perché si sentiva coinvolto nella Trama di Dio, significava amare il giovane, qualunque fosse il suo stato o situazione, per condurlo alla pienezza di quell’essere pienamente umano che si è manifestato nel Signore Gesù e che prendeva concretezza  nella possibilità di vivere come onesto cittadino e come figlio di Dio.

È questa la chiave del nostro essere, vivere e attuare il carisma salesiano. Se arriviamo a sentire nelle nostre viscere, nel più profondo di ciascuno/a di noi, quel fuoco, quella passione educativa che portava Don Bosco a incontrarsi con ogni giovane a tu per tu, credendo in lui, credendo che in ciascuno vi è sempre un seme di bontà e del Regno, per aiutarli a dare il meglio di se stessi ed avvicinarli all’incontro col Signore Gesù, staremo certamente concretizzando nella nostra vita il meglio del carisma salesiano, secondo le nostre modalità e possibilità.

4. UN  CARISMA, quello salesiano, “AL  SERVIZIO  DELLA  COMUNIONE  EVANGELIZZATRICE” (EG, n.130)

Già parecchie volte ho detto, sia in momenti familiari che in altri più pubblici, che il carisma salesiano non è proprietà nostra, né dei salesiani e nemmeno di tutta la Famiglia Salesiana.

Questa convinzione profonda esprime con tutta chiarezza il Papa Francesco nella Evangelii gaudium, quando dice che lo Spirito Santo arricchisce tutta la Chiesa nella sua missione evangelizzatrice con diversi carismi che “sono doni per rinnovare ed edificare la Chiesa. Non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca; piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale […] e quanto più un carisma volgerà il suo sguardo al cuore del Vangelo, tanto più il suo esercizio sarà ecclesiale. È nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo”[9].

Credo veramente che il carisma salesiano è certamente uno di quei doni con cui lo Spirito Santo ha arricchito la Chiesa affinché, con lo sguardo fisso all’essenza del Vangelo, e nella comunione ecclesiale prima, e internamente alla Famiglia Salesiana poi, possiamo essere un regalo prezioso per i giovani.

Per questo, Vangelo, cuore pastorale per i giovani, e comunione sono garanzia di Identità e di Fedeltà per noi, Famiglia di Don Bosco, Famiglia Salesiana.

5.  CON  I  GIOVANI, PER  I  GIOVANI! … specialmente  i più poveri

5.1   Diciamo CON I GIOVANI!, fratelli e sorelle della nostra Famiglia Salesiana, perché il punto di partenza del nostro fare carne e sangue (INCARNARE) il carisma salesiano  è quello di STARE CON I GIOVANI, stare con loro e in  mezzo a loro, incontrarli nella nostra vita quotidiana, conoscere il loro mondo e amarlo, stimolarli ad essere protagonisti della loro vita, risvegliare il loro senso di Dio, incitandoli a porsi delle mete alte, a vivere la vita come la visse il Signore Gesù.

5.2   E diciamo CON I GIOVANI!, cari fratelli e sorelle della nostra Famiglia Salesiana, perché se quel che riempie i nostri cuori ,accogliendo la chiamata vocazionale del Signore Gesù, è la predilezione pastorale per i ragazzi e le ragazze, per i giovani, ciò si manifesterà in noi, come in Don Bosco, come una vera e propria ‘passione’ nel cercare il loro bene, impegnandovi tutte le nostre energie, tutto il fiato e la forza che abbiamo.

5.3   PER I GIOVANI!… SPECIALMENTE I PIÙ  POVERI.

Mi sono permesso di dire in varie occasioni  che quando Papa Francesco parla di andare alla periferia, dirigendosi a tutta la Chiesa, noi veniamo interpellati in modo molto vivo e diretto, perché ci sta chiedendo di stare con i giovani nella periferia, lontani quasi da tutto, esclusi, quasi senza opportunità.

Allo stesso tempo voglio dire che questa periferia è qualcosa di tipicamente nostro come Famiglia Salesiana, perché la periferia è qualcosa di costitutivo del nostro DNA salesiano. Cos’è stata la Valdocco di Don Bosco se non una periferia della grande città? Che cosa è stata Mornese se non una periferia rurale? Occorrerà che il nostro esame di coscienza personale e come Famiglia Salesiana si confronti con questo forte richiamo ecclesiale, che fa parte a sua volta dell’essenza del Vangelo. Sarà necessario esaminarci circa il nostro essere con i giovani e per loro, specialmente per gli ultimi…, ma non occorrerà cercare verso dove orientarci, la nostra ‘stella polare nella navigazione’, perché negli ultimi, nei più poveri, in quelli che più hanno bisogno di noi, risiede l’elemento più specifico del nostro DNA come carisma salesiano.

5.4  PERCHÉ  I GIOVANI, SPECIALMENTE I PIÙ POVERI, SONO UN DONO PER NOI

È stato il Rettor Maggiore don Juan E. Vecchi a scrivere che “i giovani poveri sono stati e sono tuttora un dono per noi”[10]. E certamente non possiamo pensare che Don Vecchi stia difendendo la povertà; ma è certo che se stiamo con i giovani e in mezzo a loro, sono essi, sono esse, i primi che ci fanno del bene, che ci evangelizzano e ci aiutano a vivere veramente il Vangelo in quel che è più tipico del carisma salesiano.

Oso dire, come già mi sono espresso in altra occasione, che sono i giovani, le giovani, e specialmente quelli più poveri e bisognosi, coloro che ci salveranno aiutandoci ad uscire dalla nostra routine, dalle nostre inerzie e dai nostri timori, a volte più preoccupati  di conservare le nostre sicurezze che di tenere il cuore, l’udito e la mente aperti a ciò che lo Spirito ci può chiedere.

6.  NEL BICENTENARIO DELLA NASCITA DI DON BOSCO

In un evento, come quello del Bicentenario della nascita di Don Bosco, che ci lancia tutti in un cammino di fedeltà  a quella stessa chiamata che egli sentì, ascoltò e che tradusse in vita.

In un anno in cui la festa per quel dono che è Don Bosco per la Chiesa e per la sua Famiglia non ci lascerà centrati in noi stessi, autoreferenziali  e autocompiaciuti, ma ci lancerà, con maggior forza se possibile, verso la missione.

Si tratta di un anno di festa, in cui siamo invitati a vivere ed esprimere la nostra celebrazione come vera Famiglia.

7.  CON  MARIA, LA PIÙ  INSIGNE COLLABORATRICE DELLO SPIRITO SANTO

 Concludo tenendo presenti le parole del Papa San Giovanni Paolo II, nella conclusione della citata Lettera “Iuvenum patris”, in cui ci invita ad avere sempre davanti a noi Maria Santissima, “come la più alta collaboratrice dello Spirito Santo”.

Il Papa ci invitava a guardare Maria e ad ascoltarla quando dice “Fate quello che Egli vi dirà”, evocando l’episodio delle nozze di Cana (Gv 2,5).

In un bel frammento finale il Papa dice, dirigendosi agli SDB di quel momento, ma in un contesto che è molto adeguato per tutta la nostra Famiglia Salesiana oggi: “A Lei io affido voi e insieme con voi affido tutto il mondo dei giovani, affinché essi, da Lei attratti, animati e guidati, possano conseguire, con la mediazione della vostra opera educativa, la statura di uomini nuovi per un mondo nuovo: il mondo di Cristo, Maestro e Signore [11].

La forza di questo desiderio e di queste parole che ci dedica il Papa di allora è tale che penso che non si possa aggiungere altro che un ‘Amen!’, così sia, facendo assegnamento sulla Grazia che ci viene dal Signore, l’intercessione di Maria Ausiliatrice e il cuore di Buon Pastore di tutti i membri della nostra Famiglia Salesiana.

 

Il Signore ci conceda la sua benedizione. 

Roma, 18 giugno 2014.



[1] Cfr. MB III, p. 616-617

[2] Cfr. MB XVIII, p. 502-503

[3] Ibidem

[4] Cfr. Carta di Identità della Famiglia Salesiana, art. 5

[5] Cfr. Carta di Identità della Famiglia Salesiana, art. 4

[6] Giovanni Paolo II, Iuvenum patris (lettera nel centenario della morte di San Giovanni Bosco), n. 4

[7] Ibidem, n.4

[8] Ibidem, n.4

[9] Papa Francesco, Evangelii gaudium, n. 130

[10] ACG 359, p. 24

[11] IuvenumPatris n. 20