Prof in pensione tornano in cattedra: “Aiutiamo i ragazzi stranieri a integrarsi”

Alla scuola media Lavinia Fontana tre insegnanti danno una mano volontariamente. «Insegnante una volta, insegnante per sempre». Anche quando lo Stato ti dice ‘grazie, hai finito’ e tu invece «sai che puoi ancora essere utile a tanti ragazzini: e questa è la cosa più bella».

Grazia, Rita e Graziella sono i tre angeli custodi, senza registro, ma con quaderno e penna in mano, della scuola media Lavinia Fontana. In pensione dopo una vita tra i banchi di medie, licei ed elementari e dopo aver accompagnato centinaia di studenti alla scoperta di logaritmi, molecole e abc, Grazia Mattei, Rita D’Emidio e Graziella Cesari sono ritornate in cattedra. E lo hanno fatto in modo del tutto volontario e gratuito per aiutare gli alunni, per lo più stranieri, dell’istituto di via d’Azeglio a impossessarsi della nostra lingua e di materie come italiano e matematica. In due parole: alfabetizzazione e recupero. Due scogli enormi contro i quali il rischio di naufragio può diventare una certezza.

 

ALLA Fontana ci sono arrivate, l’anno scorso, nei modi più disparati. E ci vanno per almeno due mattine a settimana, aiutando gli studenti, ma anche i colleghi già oberati di lavoro. Grazia ha suonato alla porta a vetri di via d’Azeglio su chiamata della responsabile dei servizi educativi del Santo Stefano, Vania Rossi, che ha raccolto l’sos di una scuola che non vuole lasciare indietro nessuno. Graziella, invece, cercava una media per la nipotina: alla fine la piccola non ha cambiato scuola e lei è stata arruolata in un amen.
Uno, due, massimo tre i ragazzini seguiti ogni volta dalle tre prof. In tutto una decina, per ora. «Non è un grosso sacrifico», ammette Grazia: «E’ bellissimo poterli aiutare. Spero di essere utile a loro, ma anche alla nostra società». L’integrazione passa prima tra i banchi: là dove c’è un docente, c’è una scuola che li affianca nella nuova vita. E che la prof sia brava lo confermano le sue alunne: «Se non ci fosse stata lei, sarebbe stato tutto più faticoso».

 

DUE banchi più in là, c’è Graziella: «Fatica? Assolutamente no, la fatica è la loro», osserva indicando il suo studente. «Non è certo un grosso sacrificio essere qui. Lo spiego anche ai miei nipoti che sono tanti: non ve ne rendete conto, ma siete fortunati. Siete nati nell’emisfero giusto, nel paese giusto e nella famiglia giusta. Per la maggior parte dei vostri coetanei e non solo, non è così». E i suoi nuovi studenti «mi danno più di quanto non dia a loro: ti sono grati per ciò che fai».

Federica Gieri