Nuovi movimenti religiosi…

una sfida per la chiesa cattolica

Un fenomeno sottostimato ma in rapida espansione, un vero e proprio “boom”. Non usano mezzi termini gli studiosi per descrivere la diffusione negli ultimi anni dei “movimenti evangelicali, pentecostali e carismatici”.

È il termine “tecnico” usato nel mondo accademico per definire le “sette” o “i nuovi movimenti religiosi”. Un fenomeno trasversale a tutte le Chiese cristiane e difficilmente quantificabile, sebbene si stimi che i membri delle Chiese pentecostali nel mondo siano più di 400 milioni. A questo fenomeno è dedicata una Conferenza internazionale che ha preso avvio oggi a Roma ed è promossa dalla Conferenza episcopale tedesca. “Evangelicali, pentecostali, carismatici: nuovi movimenti religiosi, una sfida per la Chiesa cattolica”, il titolo della conferenza alla quale prendono parte rappresentanti del Vaticano, delle Conferenze episcopali e di molte diocesi, nonché studiosi del settore. A coordinare i lavori è la Conferenza episcopale tedesca che ha istituito negli anni Novanta un gruppo di ricerca per lo studio delle sette e dei nuovi movimenti religiosi. L’idea nasce da un’intuizione dell’allora presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, cardinale Walter Kasper. 

Fenomeno globale. “La scomparsa della religione a lungo attesa e data per certa non si è materializzata. Al contrario: in tutto il mondo, si osserva piuttosto un vero e proprio boom di religioni”. Si apre con questa constatazione la ricerca presentata dal professore di Munster, Karl Gabriel, che subito aggiunge: “Questo fenomeno globale di rinnovamento religioso ruota però intorno a gruppi che sono tradizionalmente indicati come ‘sette’”. La crescita della cristianità nel mondo è dunque ampiamente dovuta ai nuovi movimenti religiosi. In America Latina – fa notare lo studioso – le Chiese pentecostali sono cresciute a “un ritmo mozzafiato” per diversi anni. L’Africa del Sud è testimone di un’espansione del cristianesimo carismatico. E anche in Asia orientale, compresa la Cina, le forme carismatiche del cristianesimo sono in crescita. 

Che cosa si cela dietro questo fenomeno? La lista di fattori endogeni di crescita è lunga: concorrono sicuramente anche gli “sconvolgimenti sociali ed economici del Sud del mondo” e i nuovi movimenti offrono ai propri seguaci “identità e significato”, “rafforzano l’autostima”, “permettono alle persone di sentirsi a casa”. La ricerca commissionata dalla Conferenza episcopale tedesca e presentata a Roma ha preso in visione 4 Paesi: Costa Rica, Filippine, Ungheria e Sud Africa. Nel capitolo riservato al Costa Rica, interessante è il coinvolgimento delle donne in questo fenomeno, perché sono soprattutto loro a essere maggiormente attratte da questo tipo di proposta religiosa e le ragioni vanno anche ricercate nelle condizioni di precarietà in cui spesso si trovano a vivere. 

Il dialogo. “La realtà pentecostale e carismatica è una realtà trasversale che è entrata praticamente in tutte le tradizioni cristiane. Si parla già da un decennio di una pentecostalizzazione del cristianesimo”. Così spiega a margine del convegno mons. Juan Usma Gomez, esperto conoscitore del movimento pentecostale per il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Il fenomeno è “fonte di preoccupazione per tutti i vescovi in diversi continenti”. E il Pontificio Consiglio ha affrontato la questione perché “cosciente dell’importanza di conoscere i pentecostali e di dare una risposta concreta alla comunità cattolica locale”. Mons. Usma fa notare come dal 1972 è stato avviato il dialogo internazionale cattolico-pentecostale che ha permesso di “superare pregiudizi e idee preconcette” ma anche di “affrontare temi difficili come il proselitismo e la conversione”.

Quale il segreto di tanto successo? “Magari si potesse dare una risposta semplice”, dice mons. Usma. “Vi sono molte risposte. Alcune sono positive: riescono a dare il senso di Dio, rinnovata spiritualità, stile attraente e consono ai tempi odierni. Altre sono negative: proselitismo, inganno, promesse di beni spirituali e di prosperità materiale”. Possono influire anche “debolezza psicologica e ingenuità”. “Ad ogni modo essi riescono a offrire un’esperienza di Dio nei loro seguaci”. Una certa “demonizzazione” verso questo fenomeno, aggiunge mons. Usma, “ha impedito ai cattolici di capire la loro forza e fatto sottostimare il loro potere di fare seguaci”. Come allora affrontare la questione? “Conoscendolo e facendosi conoscere. È cioè importante conoscerli e far conoscere loro il vero volto della Chiesa cattolica e dei cattolici”.

Una sfida per le chiese

I dati sono da capogiro: secondo gli studiosi, dall’anno 2000 i carismatici e i pentecostali in tutto il mondo stanno aumentando al ritmo di circa 19 milioni ogni anno. E il Centro di ricerca “per lo Studio del cristianesimo globale” (Stati Uniti) afferma che nel 2000 i credenti carismatici/pentecostali erano già circa 582 milioni. Si prevede che entro il 2025 arriveranno a quota 800 milioni e che entro il 2050 i pentecostali potrebbero raggiungere il numero dei credenti indù nel mondo. Insomma, da movimento essenzialmente nuovo alla fine del XIX secolo, il pentecostalismo è diventato il movimento sociale o religioso con il maggior successo del ventesimo secolo. Questi i “numeri” con cui uno dei massimi esperti del fenomeno, Philip Jenkins, della “Baylor University”, ha aperto la sua relazione intervenendo oggi a Roma a una conferenza internazionale sui nuovi movimenti religiosi organizzata dalla Conferenza episcopale tedesca. Una tre giorni di dibattito e confronto alla quale hanno partecipato rappresentanti del Vaticano, membri delle Conferenze episcopali nazionali e studiosi. Scopo dell’incontro quello di delineare il fenomeno e cercare di dare orientamenti per azioni pastorali alle Chiese locali. Maria Chiara Biagioni, per il Sir, ha seguito l’incontro.

Le ragioni di un successo. La ricerca presentata da Jenkins ha cercato di capire che cosa si nasconde dietro al fenomeno del pentecostalismo il cui successo nel mondo va ricercato anche a partire dal contesto demografico mondiale: a fronte di una popolazione in rapida crescita in regioni del mondo come Africa, Asia e America Latina, l’Europa – demograficamente parlando – è in rapido declino. Questi nuovi movimenti religiosi, inoltre, fanno presa nelle aeree periferiche delle grandi metropoli, abitate soprattutto negli ultimi anni da milioni di migranti in fuga dalle zone rurali. In queste condizioni non solo di estrema povertà ma anche di “forte senso di estraneità”, questi movimenti offrono accoglienza, supporto, cura spirituale. È un fenomeno facilmente registrabile nelle favelas brasiliane e può spiegare, per esempio, il successo a San Paolo di un gruppo evangelicale dal nome “Renascer em Cristo” che riesce a riunire ogni anno ad aprile per la “Marcia per Gesù” dai 2 ai 3 milioni di persone. Non si può, dunque, approcciare questa realtà, senza tenere conto di questo aspetto fondamentale dei nuovi movimenti religiosi: quello di dare “rifugio” alle persone. Più ancora, una “famiglia”, dove “i suoi membri si aiutano vicendevolmente per superare le difficoltà della povertà”. Molto forte poi anche è il fattore “miracoli” e “guarigioni” soprattutto in contesti dove la povertà è causa di privazioni, malattie, fame, inquinamento, droga e prostituzione. “In contesti simili – nota Jenkins – è facile capire perché la gente si fa facilmente prendere dall’affermazione di essere sotto l’assedio delle forze demoniache, e che solo l’intervento divino può salvare”. 

Un fenomeno “non preso in considerazione a sufficienza”. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, descrive al Sir la realtà dei nuovi movimenti religiosi, pentecostali ed evangelicali. “Questo fenomeno – dice – mostra che è in atto un grande cambiamento nel paesaggio ecumenico e che si affacciano nel dialogo nuovi partner”. E sulla possibilità di avviare un dialogo con una “galassia” così complessa, il cardinale Koch risponde: “Noi possiamo avere un dialogo solo con coloro che esprimono il desiderio di avere un dialogo”, facendo notare come “alcuni gruppi pentecostali si definiscono anti-ecumenici e anti-cattolici”. La strada del dialogo in questi contesti viaggia, comunque sia, a livello nazionale e locale. “Occorre prendere in seria considerazione questo fenomeno – ripete il cardinale -. Credo che sia questa la sfida principale e pone una domanda: che cosa facciamo? Perché la gente che appartiene alle nostre Chiese, non solo cattolica ma anche protestanti, si allontana? È una grande domanda, una grande sfida per noi”. “Le ragioni degli abbandoni sono molto differenti tra loro”. È però assolutamente necessario conoscerle e interrogarsi sulla “realtà del cristianesimo e della Chiesa cattolica in quel determinato Paese”. Quale orientamento pastorale suggeriscono questi movimenti? “In primo luogo – afferma il presidente del Pontificio Consiglio – un nuovo slancio missionario ma per essere missionari dobbiamo prima essere noi stessi convinti della nostra fede. E questa deve essere semplice, vera, buona e bella”.