“Guerra o pace? I luoghi sacri contesi”

Studiosi e religiosi delle tre fedi abramitiche a confronto all’Angelicum

Luoghi sacri per l’umanità


Mai violare i luoghi sacri alle altrui religioni, anche in tempo di guerra, e “tenere i luoghi santi fuori dal conflitto”. È l’appello lanciato giovedì – dopo la notizia di due moschee date alle fiamme in Terra Santa – dagli studiosi e leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani riuniti nella Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) per elaborare un concetto comune di spazio sacro nelle rispettive tradizioni religiose. Si tratta di esperti teologi, giuristi e sociologi provenienti da dodici diversi Paesi, fra i quali Iran, India e Israele. Nel corso dei lavori, i partecipanti alla Conferenza “Guerra o pace? I luoghi sacri contesi”, hanno sottoscritto una dichiarazione comune: “Noi – vi si legge – assicuriamo il fermo impegno a proteggere tutti gli spazi santi di tutte le religioni. Questo impegno è sia teorico che pratico. In via di principio, ogni casa nella quale Dio è chiamato in verità e sincerità è santificata dalla ricerca di Dio e deve essere rispettata da tutti. In termini pratici, ogni atto di distruzione può in breve tempo rivolgersi contro gli stessi autori e generare un infinito ciclo di rappresaglie, contrari alla gloria di Dio”. Continua la dichiarazione: “Noi chiediamo a tutte le parti di non violare i luoghi sacri degli altri, anche in tempo di guerra. Questo impegno non è solo un segno di rispetto per l’unico Dio che tutti riconosciamo ma anche una via concreta per imparare a praticare il rispetto l’uno con l’altro”. Secondo gli studiosi e leader ebrei, cristiani e musulmani, “tenere i luoghi santi fuori dal conflitto è un piccolo passo per umanizzare una difficile condizione e per ricordare che Dio è il nostro più grande valore e la nostra più grande ispirazione”. “Preghiamo – è la conclusione – che tale riconoscimento possa aprire la strada per una maggiore comprensione, una maggiore armonia e per la pace”.
Come accennato, gli studiosi e religiosi – fra essi islamici sunniti come Yasir Qadhi, sciiti, come l’ayatollah Mostafa Mohaghegh Damas, e sufi, come lo sceicco Abd al-Wahid Pallavicini, insieme con il rabbino israeliano Daniel Sperber e Robert A. Destro, della Columbus School of Law – si sono riuniti all’Angelicum per un confronto inedito, nel quale sono esaminate le radici teologiche, politiche e sociali dei conflitti che riguardano la gestione dei luoghi sacri sui quali diverse religioni allo stesso tempo vantano diritti e autorità. L’obiettivo è quello di arrivare a una definizione condivisa di “luogo sacro” in modo da verificare, su base teologica, la legittimità dell’esclusione dei fedeli di altre religioni.
Un’esigenza sentita non solo riguardo ai luoghi sacri più noti ma anche in quelli di cui spesso non si parla, come in India, per esempio. Il controllo dei luoghi sacri alle religioni – affermano gli organizzatori – costituisce “un problema a livello globale” ma “il confronto sul tema può tramutarsi al tempo stesso in una occasione per un dialogo fra religioni consapevole e aperto alla possibilità, se non di una pace, almeno di una coesistenza pacifica”.
È dunque a questo fine che esperti di tutto il mondo si sono riuniti a Roma: l’obiettivo è quello di indicare soluzioni praticabili a questioni nelle quali spesso si inseriscono convenienze politiche ed emotività. Nella conferenza, sponsorizzata dal rabbino Jack Bemporad, direttore del Centro Giovanni Paolo II per il Dialogo interreligioso presso l’Angelicum, dal professor Cole Durham, della Brigham Young University (Utah), e dal professor Marshall Breger, della Catholic University of America (Washington DC), si sono affrontati diversi temi, dal concetto di sacro al suo significato teologico per le differenti religioni, dal negoziato per risolvere i conflitti all’analisi dei successi e gli insuccessi che si registrano nel mondo. Spiega il professor Breger: “Si discute raramente di teoria e di teologia riguardo a questo argomento ma esse hanno un peso determinante nel processo verso una coesistenza realmente pacifica”.

(©L’Osservatore Romano 18 dicembre 2011)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *